I Centri di identificazione ed espulsione (CIE) per i migranti irregolari sono un “iniquo ingranaggio”. Di loro si può e si deve fare a meno. La detenzione amministrativa che viene fatta nei CIE non serve a contrastare l’immigrazione irregolare, e a questo si aggiunge il fatto che tali strutture non garantiscono il rispetto della dignità e dei diritti delle persone. È una bocciatura senza mezzi termini quella che viene da Medici per i Diritti Umani (MEDU) nei confronti dei CIE, fatta sulla base dell’analisi dei dati sulle persone transitate ed espulse dai Centri.
I dati vengono dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno e dicono che nel 2011 sono stati 7735 (6832 uomini e 903 donne) i migranti trattenuti nei 15 Centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia. Di questi solo la metà (3880) è stata effettivamente rimpatriata. Se si considera che gli stranieri in condizione di irregolarità sono stimati in 443 mila, “appare evidente – scrive MEDU – come lo strumento della detenzione amministrativa si confermi nei fatti uno strumento sostanzialmente irrilevante e scarsamente efficace nel contrasto dell’immigrazione irregolare”. Senza contare che sconcerta l’alto numero di cittadini dell’Unione europea, quindi comunitari, che finiscono nei CIE: nel 2011 vi sono transitati 494 migranti di origine romena.
Non solo la detenzione amministrativa non funziona dal punto di vista del rimpatrio – il tasso di efficacia supera di poco il 50%. Al di là dei numeri, non si giustificano i costi in termini di deterioramento delle condizioni di vita all’intero di queste strutture e di violazione dei diritti dei migranti, denuncia MEDU, che sottolinea il numero di rivolte e fughe di massa che si sono verificate nell’ultimo anno, soprattutto da Ponte Galeria a Roma, da Brindisi e da Trapani.
Altro elemento da considerare è che l’efficacia dei rimpatri dipende in realtà dalla collaborazione dei rispettivi paesi di provenienza. “I dati nazionali 2011 sui CIE, forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, confermano che queste strutture, oltre ad essere del tutto inadeguate a garantire la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, si dimostrano, nei fatti, pressoché irrilevanti e scarsamente efficaci nel contrasto dell’immigrazione irregolare”, sintetizza MEDU. Il prolungamento a 18 mesi dei tempi massimi di trattenimento ha finito per aggravare la situazione.
Di conseguenza, conclude l’associazione, “i dati del 2011 confermano il sostanziale fallimento dei CIE nel conseguimento dei loro scopi dichiarati, ossia l’identificazione e l’effettiva espulsione dei migranti in condizione d’irregolarità. Per altri versi risulta evidente che l’istituzione CIE, oltre a dimostrasi del tutto inadeguata a garantire la dignità e i diritti fondamentali della persona, contribuisce a stigmatizzare il migrante veicolando all’opinione pubblica il deplorevole e fuorviante messaggio dell’ associazione tra criminalità e migrazione”.
Alla luce di tutto questo, MEDU “ritiene necessario l’abbandono dell’attuale sistema di detenzione amministrativa nell’ambito di una sostanziale revisione del Testo Unico sull’immigrazione improntata a una prospettiva di apertura e reale integrazione. Una riforma che, a partire da una diversa disciplina degli ingressi, renda dunque possibili strategie di gestione dell’immigrazione irregolare più razionali e rispettose dei diritti fondamentali della persona. Dei CIE si può e si deve fare a meno”.


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