“Stiamo segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti”. Queste parole di Valerio Neri, Direttore generale di Save the Children Italia, sono forse quelle che meglio descrivono lo stato attuale dei bambini e dei giovani in Italia, sempre più fragili e poveri di futuro, esposti a sfide difficili, sui quali pesa un debito pubblico elevato unito a carenza di servizi, abbandono scolastico e “disconnessione culturale”. Giovani che, in futuro, avranno una voce sempre più flebile. Il quadro viene dalla presentazione dell’Atlante dell’Infanzia (a rischio) di Save the Children.
“La terza edizione dell’Atlante dell’infanzia (a rischio) di Save the Children fornisce un quadro molto preoccupante  – spiega Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia – Possiamo leggere la stragrande maggioranza di queste mappe con il sottotitolo: “indice del consumo di futuro dei bambini e dei giovani italiani”, un indice che corre parallelo alla crisi economica, al debito pubblico, alla scarsità di asili nido, alla miseria della spesa sociale per l’infanzia in alcune aree del paese, alla mancanza di una politica per l’infanzia nazionale e organica, alla pochezza del sostegno pubblico alle famiglie giovani. Ma l’Atlante di Save the Children mostra anche un’altra cosa. Consumando l’idea di futuro dei bambini e dei giovani, le loro aspettative, i loro desideri e i loro sogni, stiamo segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti.”
Quali sono dunque i numeri che indicano questa “erosione di futuro”? Basti pensare che ogni neonato – quest’anno 560 mila – si ritrova in eredità un’ipoteca di 3 milioni e mezzo di debito pubblico a testa, il più alto d’Europa. Nella popolazione under 18 anni la povertà sta aumentando: 7 minori ogni 100 in Italia, pari a 720.000, vivono in povertà assoluta, cioè privi di beni e servizi che assicurino loro un livello di vita accettabile. Sono 417.000 nel solo Sud, con un aumento rispetto al 2010 di 75.000 piccoli grandi poveri, l’equivalente dell’intera popolazione infantile di Taranto e Messina.
La spesa procapite dei comuni per famiglie e minori è del resto insufficiente: in Calabria è di soli 25 euro a persona, contro i 282 euro annui dell’Emilia Romagna. Ci sono asili nido insufficienti e ci sono molti giovani che abbandonano la scuola. Secondo la denuncia di Save the Children, è in crescita l’area della disaffezione allo studio, anche fra ragazzi senza particolari carenze affettive, relazionali o economiche: sono quasi 800 mila i giovani tra 18-24 anni dispersi, che cioè hanno interrotto gli studi fermandosi alla terza media e non iscrivendosi neanche a corsi di formazione. In Sicilia e in Sardegna la dispersione scolastica è 15 punti rispetto all’obiettivo europeo (pari al 10% ) – con 25 giovani fra 18 e 24 anni – fermi alla terza media.
C’è poi il fenomeno dei giovani che non studiano, non lavorano, non fanno corsi di formazione. Accanto alla disoccupazione, emerge il fenomeno di immobilismo rappresentato dai NEET (Not in Employement, Education or Training): sono oltre 1 milione 620 mila soltanto al Sud e nelle isole, hanno 18 – 24 anni, non sono iscritti a scuola, né all’università, né lavorano, né sono in formazione. I tassi di NEET nel Mezzogiorno sono inferiori soltanto a quelli rilevati in alcune regioni remote dell’Anatolia. Nel Mezzogiorno, prosegue Save the Children, si concentra la gran parte dei 314.000 “disconnessi culturali”, bambini e adolescenti da 6 a 17 anni che negli ultimi 12 mesi non sono mai andati a cinema, non hanno aperto un libro, né un pc né Internet, né fatto uno sport.
Se si volesse andare ancora avanti: ci sono 700 mila minori che vivono in uno dei comuni sciolti almeno una volta per mafia negli ultimi venti anni. Quasi un milione e mezzo di bambini e ragazzi, 15 su cento, nascono e crescono vicino impianti siderurgici, chimici, petrolchimici, aree portuali, discariche urbane e industriali, non conformi, fuori controllo, altamente nocive.
Il peso sociale e politico dei giovani si va inoltre assottigliando. Nel 2030, quando chi nasce oggi avrà 18 anni e potrà votare, sarà del 4% l’incidenza del voto dei giovanissimi (18-21 anni) rispetto al resto dell’elettorato. Commenta Neri: “Il futuro dei bambini è stretto in una morsa. Da una parte il peso del debito pubblico, con la contrazione della spesa sociale, aggravata dalla crisi, dall’altra il rapido invecchiamento della popolazione, che costituisce un’ulteriore sfida ai sistemi di welfare, perché drena risorse per le pensioni e l’assistenza agli anziani Il risultato è che fra 18 anni i bambini saranno più preziosi del petrolio in via di estinzione. Ma quel che è peggio è che, se i trend rimangono gli attuali, non solo bambini e adolescenti saranno pochi numericamente ma saranno sempre più privi di forza contrattuale e politica, depressi, sviliti, impotenti. Ma deprimere e quasi cancellare l’infanzia, significa cancellare il futuro di tutti”.
A sostegno dell’infanzia, l’associazione lancia due proposte che saranno presentate al probabile nuovo Governo: realizzare un piano di lotta alla povertà minorile e aumentare i finanziamenti per l’infanzia, portandoli ad almeno il 2% del Pil, scorporandoli dal computo del debito pubblico. Per salvare minori e futuro.


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