Concentratori di ossigeno: funzionamento, tipologie e applicazioni cliniche
Tra i vari dispositivi medicali che vengono utilizzati in ambito domiciliare e nelle strutture sanitarie per gestire diversi problemi che interessano l’apparato respiratorio ci sono i concentratori di ossigeno
Tra i vari dispositivi medicali che vengono utilizzati in ambito domiciliare e nelle strutture sanitarie per gestire diversi problemi che interessano l’apparato respiratorio, meritano una menzione i concentratori di ossigeno.
Come facilmente si può intuire, sono apparecchi che servono a somministrare l’ossigeno a scopi terapeutici; si parla infatti di ossigenoterapia. Quest’ultimo è un trattamento al quale si deve necessariamente ricorrere quando i valori di ossigeno nel sangue scendono sotto un determinato livello; si ricorda a questo proposito che i valori di saturazione di ossigeno (SpO₂) devono essere compresi normalmente tra il 95 e il 99%; per inciso, la SpO₂ misura la quantità di emoglobina nel sangue che è legata all’ossigeno rispetto alla quantità totale di emoglobina disponibile (la si può misurare anche in ambito domestico ricorrendo a un pulsossimetro).
Data la grande importanza dei concentratori di ossigeno in ambito medico, scopriamone il funzionamento, le tipologie e le principali applicazioni cliniche ricordando che a seconda dei casi possono essere acquistati o noleggiati.
Come funziona un concentratore d’ossigeno?
Il funzionamento di un concentratore di ossigeno è abbastanza complesso, ma possiamo evitare spiegazioni eccessivamente tecniche e riassumerlo brevemente nel modo seguente: il dispositivo aspira aria dall’ambiente (che è composta per lo più da azoto, 78% circa, e ossigeno, 20,95% circa), la convoglia verso una sorta di “setaccio” che assorbe l’azoto, ma lascia passare l’ossigeno facendolo finire in un serbatoio dal quale, grazie a una cannula o a una maschera, che può essere somministrato al paziente. I concentratori di ossigeno di ultima generazione forniscono ossigeno medicale con una purezza che oscilla dal 93 al 96% circa.
La tecnologia sulla quale si basano è nota come PSA, acronimo di Pressure Swing Adsorption, vale a dire adsorbimento dell’oscillazione di pressione; si tratta di un processo grazie al quale è possibile separare le miscele di gas.
Concentratori di ossigeno: le tre tipologie principali
Si distinguono tre tipologie principali di concentratori di ossigeno, quelli portatili, i trasportabili e i fissi.
I concentratori portatili hanno dimensioni ridotte e sono quelli che permettono la maggiore libertà di movimento; possono essere portati anche fuori casa perché sono dotati di batteria; proprio per questo motivo devono essere periodicamente ricaricati e quindi il paziente è legato alla loro autonomia.
I concentratori trasportabili sono dispositivi che hanno maggiori dimensioni rispetto a quelli portatili e non sono pratici per essere portati fuori dalle mura domestiche, ma possono però essere trasportati agevolmente tra una stanza e l’altra della casa. Se non c’è la necessità di spostarli li si può collegare alla rete elettrica. Di norma la loro capacità di erogazione è maggiore rispetto a quella dei concentratori portatili.
I concentratori fissi sono l’opzione preferenziale nei casi di pazienti in lungodegenza domestica a causa di patologie in genere molto severe. Sono una valida alternativa, più pratica e meno costosa, alle bombole di ossigeno.
Le principali applicazioni cliniche
Nell’ambito di condizioni patologiche che interessano l’apparato respiratorio, i concentratori di ossigeno vengono impiegati sia per trattare disturbi di tipo acuto, sia malattie croniche; in alcuni casi inoltre l’ossigenoterapia deve essere somministrata vita natural durante.
Fra le condizioni trattabili con l’ossigenoterapia si ricordano la BPCO, l’enfisema polmonare, la bronchite cronica, la fibrosi cistica, l’insufficienza cardiaca grave, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno e le malattie neurodegenerative in fase avanzata che determinano problematiche respiratorie (per esempio la SLA).
Tra le condizioni di tipo acuto si ricordano la polmonite grave, le intossicazioni da monossido di carbonio, gli shock anafilattici ecc.