“Dopo sette mesi consecutivi di diminuzioni tendenziali, i prezzi al consumo tornano a crescere seppur di poco. L’inversione di tendenza è dovuta principalmente al “marcato ridimensionamento” della flessione dei prezzi dei beni energetici (-3,5% da -6,5% di agosto)”. È quanto si evince dai dati provvisori di settembre resi noti oggi dall’Ista, relativi all’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) che registra un aumento su base annua dello 0,1%. Il fatto che “dopo 7 mesi consecutivi, l’Italia esca dalla deflazione sarebbe una buona notizia se fosse indicativo di una ripresa effettiva della domanda interna”, commenta Massimiliano Dona di Unione Nazionale Consumatori, “Peccato che nel secondo trimestre del 2016, rispetto ai primi 3 mesi dell’anno, il Pil ed i consumi finali nazionali siano rimasti invariati, mentre quelli delle famiglie residenti siano rimasti al palo, salendo di un misero 0,1%”.

Cautela è manifestata anche dal Codacons: secondo l’associazione infatti “L’uscita dalla deflazione è ancora estremamente timida e la crescita dei prezzi dello 0,1% non basta a cantare vittoria”. Senza ricadute dei listini, aggiungono “ci vorranno circa 15 anni per tornare a livelli di inflazione accettabili e utili all’economia. La deflazione prima, e la ripresa lentissima dei prezzi ora, sono causati dai consumi stagnanti delle famiglie: proprio per questo chiediamo oramai da mesi misure atte a sostenere la domanda interna”.

Entusiasmo col freno a mano tirato anche da parte di Ferconsumatori e Adusbef, per le quali si tratta di un dato ancora estremamente flebile e incerto, ma che rappresenta un piccolo passo in avanti. “Sta al Governo, ora, sfruttare questo segnale positivo per avviare le misure necessarie per la crescita. È il momento di innescare una nuova fase di sviluppo, che punti sulla ricerca, sull’innovazione, sulla modernizzazione e la creazione di infrastrutture, sulla valorizzazione dell’offerta turistica”, dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. Operazioni prioritarie, che rimetterebbero in moto il mercato del lavoro (fermo, come si osserva dai dati odierni) e la domanda interna (che dal 2012 al 2015 ha conosciuto un calo del -10,2%, pari a circa 72,2 miliardi di Euro).


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