La corretta alimentazione parte da una buona educazione che informa il consumatore sui rischi che corre a mangiare, ad esempio, cibi troppo salati o troppo grassi, o a saltare i pasti o ancora a scartare dalla propria tavola frutta e verdura. E’ questa l’idea di base del progetto Eatwell (Interventi per promuovere abitudini alimentari salutari: valutazioni e raccomandazioni), finanziato dall’Unione Europea, che ha studiato 111 interventi a livello nazionale che incoraggiano diete e alimentazioni più sane.
Purtroppo soltanto pochi di questi interventi sono stati valutati per il loro impatto sulla modifica dei comportamenti e il tema è stato al centro della 5° conferenza annuale europea di salute pubblica, tenutasi a Malta nei giorni scorsi.
Le azioni che sono state valutate hanno dato segnali positivi: ad esempio la campagna della britannica Food Standard Agency per la riduzione del sale nel 2004 ha portato ad una diminuzione del 10% dell’assunzione di sale nella media della popolazione. L’iniziativa ha associato la sensibilizzare dell’opinione pubblica sulle conseguenze per la salute di un consumo eccessivo di sale, ad un’azione sull’industria alimentare mirata ad incoraggiare la riformulazione dei prodotti utilizzando minor quantità di sale. Sempre in Gran Bretagna, la campagna “Frutta e verdura 5 volte al giorno”, partita nel 2003 con ha prodotto un aumento significativo dell’assunzione di frutta e verdura stimato tra 0.2 e 0.7 porzioni al giorno, specialmente nelle famiglie a medio e basso reddito.
Grazie alle valutazioni delle azioni per un’alimentazione sana e grazie ad indagini online, il progetto Eatwell ha elaborato numerose proposte per le future strategie. Delle politiche analizzate, 81 favoriscono scelte consapevoli attraverso l’informazione e l’educazione, come le etichette nutrizionali e i controlli sulla pubblicità: gli effetti di queste campagne sono circoscritti, ma positivi e abbastanza efficaci rispetto al costo che hanno e sono accettate dal pubblico. Investire di più in queste azioni, più a lungo termine, potrebbe incoraggiare un comportamento più sano.
Ci sono anche politiche di intervento che cercano di cambiare l’ambiente di mercato, modificando l’offerta a disposizione dei consumatori o incrementando la disponibilità di alimenti più salutari o restringendo quella di prodotti o nutrienti meno sani o cambiandone i relativi prezzi attraverso tasse e sussidi. Queste misure possono potenzialmente portare a sostanziali cambiamenti nelle scelte alimentari e compensare i costi sociali di una dieta non salutare; ma mancano ancora evidenze di efficacia. E poi non sono tanto gradite al pubblico, che le considera intrusive e non sembra disposto ad accettarle.
Gli interventi fiscali per promuovere un’alimentazione sana sono molto efficaci rispetto al costo – spiega il coordinatore del progetto Bruce Traill, docente all’Università di Reading in Gran Bretagna – L’impostazione di qualsiasi tassa dovrebbe tenere conto dell’attenta valutazione dei recenti provvedimenti di Danimarca, Francia, Finlandia e Ungheria, mentre le entrate così generate dovrebbero essere destinate ad altre misure ugualmente mirate ad incoraggiare diete più salutari”. Ma la più importante delle raccomandazioni, secondo i ricercatori di Eatwell, è che occorre raccogliere la maggiore e migliore evidenza dell’efficacia relativa alle politiche per la sana alimentazione e renderla parte integrante di tutte le politiche”.
 
 


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Parliamone ;-)