C’è un interesse pubblico a conoscere gli studi di tossicità sul glifosato e il modo in cui l’ambiente rischia di essere danneggiato dalla diffusione di questo erbicida. Il Tribunale dell’Unione europea ha annullato le decisioni dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che negano l’accesso agli studi di cancerogenicità e tossicità del glifosato.

“Il pubblico – dice il Tribunale dell’Ue – deve avere accesso non solo alle informazioni sulle emissioni in quanto tali, ma anche a quelle riguardanti le conseguenze a termine più o meno lungo di dette emissioni sullo stato dell’ambiente, come gli effetti di tali emissioni sugli organismi non bersaglio. Infatti, l’interesse del pubblico ad accedere alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente è appunto non solo quello di sapere che cosa è, o prevedibilmente sarà, rilasciato nell’ambiente, ma anche di comprendere il modo in cui l’ambiente rischia di essere danneggiato dalle emissioni in questione”.

La sentenza riguarda due casi di accesso agli atti che erano stati presentati da un cittadino e da alcuni membri del Parlamento europoeo all’Efsa. La richiesta era quella di accedere a due studi di tossicità, ritenuti i due studi chiave usati per determinare la dose giornaliera ammissibile di glifosato, e a parti relative a «materiale, condizioni sperimentali e metodi» e a «risultati e analisi» degli studi sulla cancerogenicità del glifosato non pubblicati. Le richieste si basavano sul regolamento relativo all’accesso del pubblico ai documenti e su quello che riguarda l’applicazioni alle istituzioni comunitarie delle disposizioni della Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni in materia ambientale.

Bisogna ricordare che il glifosato è uno degli erbicidi più usati in Europa, un pesticida su cui fra l’altro pesano forti dubbi di cancerogenicità, al centro di un aspro dibattito fra le stesse istituzioni chiamate a valutare il suo impatto su salute e ambiente. Nella loro domanda di accesso agli atti, i parlamentari europei hanno ricordato che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), nel marzo 2015, era arrivata alla conclusione secondo cui il glifosato è potenzialmente cancerogeno e che, ciononostante, nel novembre 2015, l’esame inter pares dell’Efsa era giunto alla conclusione secondo cui il glifosato non presenta verosimilmente alcun rischio cancerogeno per l’uomo.

Nelle due cause, l’Efsa aveva negato l’accesso agli studi sostenendo che la divulgazione di quelle informazioni poteva arrecare serio pregiudizio agli interessi commerciali e finanziari delle imprese che hanno presentato i rapporti di studi. L’Autorità aggiungeva che non esisteva alcuni interesse pubblico prevalente alla divulgazione, sostenendo fra l’altro che quelle parti di studi richieste non costituissero informazioni sulle emissioni nell’ambiente. Aveva poi ritenuto che l’accesso agli studi richiesti non fosse necessario per verificare la valutazione scientifica dei rischi realizzata conformemente al regolamento relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari.

Oggi la decisione è stata annullata. Il Tribunale ritiene che “una sostanza attiva contenuta nei prodotti fitosanitari, come il glifosato, sia, nell’ambito del suo utilizzo normale, destinata a essere rilasciata nell’ambiente in ragione della sua stessa funzione e le sue prevedibili emissioni, quindi, non possano essere considerate meramente ipotetiche. In ogni caso, le emissioni di glifosato non possono essere qualificate come emissioni soltanto prevedibili. Gli studi richiesti, infatti, facevano parte del fascicolo per il rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva glifosato”.

Il Tribunale riucorda poi che il glifosato è uno degli erbicidi più usati in Europa e le sue emissioni nell’ambiente “sono quindi reali”. Si tratta di una sostanza chimica che è presente sotto forma di residui nelle piante, nell’acqua e negli alimenti. “Gli studi richiesti sono, di conseguenza, studi diretti a stabilire la cancerogenicità e la tossicità di una sostanza attiva che è effettivamente presente nell’ambiente”, dice il Tribunale, per il quale “l’Efsa non può sostenere che gli studi richiesti non riguardano emissioni effettive né gli effetti di emissioni effettive”.

Il Tribunale si è espresso sulla nozione di “informazioni riguardanti emissioni dell’ambiente”. Questa comprende non solo le informazioni sulle emissioni in quanto tali – natura, quantità, data e luogo – ma anche i dati relativi agli effetti a termine più o meno lungo che queste hanno sull’ambiente. Gli studi richiesti all’Efsa devono essere considerati informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» e la loro divulgazione presenta un interesse pubblico prevalente. L’Efsa non poteva negarne la divulgazione dicendo ciò avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali dei proprietari degli studi richiesti.

 

Notizia pubblicata il 07/03/2019 ore 17.27


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