Stop animali in gabbia, gli animalisti chiedono un’etichetta “cage-free”
L’emendamento alla legge di bilancio 2025 per un segno distintivo che identifichi i prodotti da filiere senza gabbie è considerato inammissibile dalla Commissione Bilancio
Oggi, a Roma, si è tenuta la conferenza stampa sull’emendamento alla legge di bilancio 2025 per un segno distintivo che identifichi i prodotti da filiere senza gabbie (cage-free), considerato però inammissibile dalla Commissione Bilancio.
“Sì alla trasparenza, no alle gabbie, sì al segno distintivo cage-free”: è l’appello che alcune associazioni – Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, HSI/Europe, LAV, Legambiente e LNDC Animal Protection – a nome della coalizione italiana End the Cage Age hanno rivolto al Parlamento, durante la conferenza stampa tenutasi presso la Sala stampa della Camera dei deputati, dal titolo “La fine delle gabbie: opportunità e sfide per sostenere la transizione del settore zootecnico in Italia”.
“Presenti diversi parlamentari delle forze di opposizione – raccontano le associazioni – che si sono uniti alla richiesta della creazione di un segno distintivo “cage-free” (“senza gabbie”) per tutte le specie allevate nell’ambito della specifica etichettatura relativa al “Sistema di qualità nazionale per il benessere animale” (SQNBA), che sarà sul mercato dall’anno prossimo”.
La certificazione “cage-free”
La certificazione “cage-free” – spiegano gli animalisti – darebbe rilievo positivo ai prodotti provenienti da sistemi che non fanno uso di gabbie, riconoscendo l’impegno delle numerose aziende agroalimentari – tra cui molte italiane – che stanno eliminando gradualmente le gabbie dalle proprie filiere.
Sono già oltre 1.400 – ricordano le associazioni – le aziende alimentari europee che si sono impegnate a non utilizzare le gabbie per l’allevamento delle galline ovaiole e ben oltre la metà di queste aziende hanno già realizzato i loro impegni per vendere o utilizzare solo uova cage-free anche per i prodotti confezionati, mentre altre si sono impegnate ad eliminare le gabbie per l’allevamento di scrofe e conigli. In Italia, tre importanti produttori del settore suinicolo hanno preso impegni pubblici e concreti per eliminare le gabbie per le scrofe dalle proprie filiere.
“I parlamentari presenti – spiegano ancora gli animalisti – hanno raccolto questa istanza presentando un apposito emendamento alla legge di bilancio 2025, con cui si chiede l’introduzione di un chiaro segno distintivo “cage-free” all’interno dell’attuale sistema di certificazione SQNBA per valorizzare il sistema produttivo italiano che ha già fatto investimenti. Tuttavia la Commissione Bilancio ha dichiarato l’emendamento inammissibile“.
“Siamo sorpresi e sconcertati che l’emendamento per la creazione del bollino ‘cage-free’ sia stato dichiarato inammissibile – dichiarano le associazioni. – Sarà stata una svista o un mero errore formale, sarebbe inspiegabile perdere l’occasione, a costo quasi zero, per migliorare le condizioni degli animali allevati e, soprattutto, far uscire dal buio e dall’anonimato l’impegno delle tante aziende agroalimentari italiane che stanno eliminando gradualmente le gabbie dalle proprie filiere. Ci attendiamo che la battaglia politica per il riconoscimento di questo importante strumento di giustizia e trasparenza venga, con eventuali modifiche, raccolta e vinta da tutto il Parlamento sin da questa legge di Bilancio”.
Stop animali in gabbia
Gli animalisti ricordano anche che in Europa, ogni anno, oltre 300 milioni di animali allevati a fini alimentari – di cui almeno 40 milioni in Italia – trascorrono ancora tutta la vita o gran parte della vita in gabbia. Gli animali tenuti in gabbia sono rinchiusi in ambienti spogli, in condizioni di sovraffollamento o di totale privazione di contatti sociali, incapaci di girare su sé stessi o di esprimere anche i più basilari comportamenti naturali della specie.
“È urgente istituire il segno distintivo cage-free all’interno della nuova etichettatura sul benessere animale, che altrimenti risulterebbe veramente vuota di significato. I consumatori hanno diritto alla trasparenza e alle aziende virtuose deve venire riconosciuto il valore aggiunto (e il vantaggio competitivo) di allevare senza le crudeli gabbie,” concludono le associazioni.