Mammografia, ISS: una donna su 10 non ha mai fatto un controllo al seno (Foto Pixabay)

In Italia una donna su dieci non ha mai fatto una mammografia, l’11% non ha mai effettuato uno screening cervicale. Il 20% delle donne ha fatto una mammografia da oltre due anni.

I dati Passi 2021-2022 diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità dicono che in Italia il 70% e il 78% delle donne fra i 25 e i 64 anni di età delle donne si sottopone rispettivamente allo screening mammografico e a quello cervicale a scopo preventivo, all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale, secondo le raccomandazioni nazionali e internazionali.

La copertura nazionale dello screening colorettale in Italia resta ancora piuttosto bassa: nel biennio in esame il 45% degli intervistati (50-69 anni) riferisce di aver eseguito uno degli esami per la diagnosi precoce dei tumori colorettali a scopo preventivo.

C’è ancora molto da fare insomma in tema di prevenzione e screening oncologici. Ancora pesano differenze economiche e di istruzione, mentre quello che fa la differenza è la disponibilità di programmi organizzati delle Asl che, quando presenti, riescono a raggiungere anche le persone con minori disponibilità economiche, riducendo dunque le disuguaglianze sociali nell’accesso alla prevenzione.

La mammografia in Italia

I dati PASSI 2021-2022 mostrano che in Italia il 70% delle donne fra i 50 e i 69 anni si è sottoposto allo screening mammografico a scopo preventivo, all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale, secondo quanto raccomandato dalle linee guida nazionali e internazionali (che suggeriscono alle donne di questa classe di età di sottoporsi a mammografia ogni due anni per la diagnosi precoce del tumore al seno).

Pesano delle differenze: la quota di donne che si sottopone allo screening mammografico è maggiore fra quelle più istruite o con maggiori risorse economiche, fra le donne di cittadinanza italiana rispetto alle straniere, e fra le donne coniugate o conviventi.

Esiste poi un gap Nord-Sud che si è ridotto ma è ancora molto presente: la copertura dello screening mammografico totale è dell’80% al Nord, del 76% nel Centro e solo del 58% nelle Regioni meridionali.

Il Friuli Venezia Giulia (88%) è la regione con la copertura maggiore, la Calabria (43%), il Molise e la Campania (entrambe al 51%) sono le regioni con le coperture totali più basse. Nelle regioni meridionali il ricorso alla mammografia di iniziativa spontanea aumenta ma non riesce a compensare la carenza di offerta e adesione ai programmi Asl. Lo screening si è poi ridotto durante la pandemia, nel 2020. Nel 2022 la copertura dello screening, ancora non ha raggiunto i valori pre-pandemia, ma si registra un segnale di ripresa rispetto al 2021.

C’è poi una fetta di popolazione che non viene raggiunta dalla prevenzione.

“Non è trascurabile la quota di 50-69enni che non si è mai sottoposta a una mammografia a scopo preventivo o lo ha fatto in modo non ottimale: 1 donna su 10 non ha mai fatto un esame mammografico e quasi il 20% riferisce di averlo eseguito da oltre due anni”.

Prevenzione e disuguaglianze di accesso

La prevenzione avviene per lo più nell’ambito di programmi organizzati dalle ASL a cui partecipano più della metà delle donne alle quali sono dedicati, mentre la restante quota di donne che si sottopone a una mammografia preventiva nei tempi raccomandati lo fa al di fuori dei programmi organizzati (un ulteriore 20% circa della popolazione target).

È però lo screening organizzato quello che riesce a ridurre le disuguaglianze sociali di accesso alla prevenzione e “per la gran parte delle donne meno istruite o con maggiori difficoltà economiche l’offerta di un programma rappresenta l’unica possibilità di fare prevenzione del tumore della mammella”.

Non basta poi la lettera invito della Asl: l’efficacia della promozione dello screening è maggiore se si accompagna al consiglio del medico di fiducia o di un operatore sanitario. “La lettera di invito da sola non basta a garantire la partecipazione delle donne allo screening, mentre è fondamentale il consiglio medico”.

Screening cervicale

Dai dati PASSI 2021-2022 risulta che in Italia il 78% delle donne fra i 25 e i 64 anni di età si sottopone allo screening cervicale (Pap-test o HPV test) a scopo preventivo, all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale, secondo quanto raccomandato dalle linee guida nazionali (ossia che le donne di 25-64 anni effettuino lo screening per la diagnosi precoce del tumore della cervice uterina ogni tre anni).

Anche in questo caso, la quota di donne che si sottopone allo screening cervicale è maggiore fra le più istruite o con maggiori risorse economiche fra le cittadine italiane rispetto alle straniere, e fra le coniugate o conviventi. L’Italia è divisa in due, con coperture in media pari all’84% nelle Regioni del Nord e Centro Italia (93% nella P.A. di Bolzano) e 69% nelle Regioni del Sud (con coperture minime per alcune Regioni come il Molise -53%  o la Calabria -62%).

Anche per lo screening cervicale, una quota non trascurabile di donne 25-64enni intervistate non si è mai sottoposta allo screening cervicale (11%) o dice di averlo fatto da più di tre anni (13%). La motivazione più frequentemente riferita per la mancata esecuzione dello screening cervicale è quella di “non averne bisogno”.


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