I migranti sono al primo posto. Sono il primo bersaglio di una classifica tutta in negativo che ha misurato i discorsi d’odio, offensivi, razzisti, le dichiarazioni discriminatorie, veicolo di stereotipi o di incitamento alla violenza, fatti sui social media da parte dei candidati alle ultimissime elezioni politiche e regionali. Amnesty International ha pubblicato oggi le conclusioni del suo progetto “Barometro dell’odio”. Non sono affatto tranquillizzanti. Evidenziano l’affermazione della retorica dell’odio e del “noi contro loro” che si è avuta anche in Italia durante la campagna elettorale.

Dall’8 febbraio al 2 marzo oltre 600 attivisti di Amnesty International Italia hanno monitorato i profili social – Facebook e Twitter – di tutti i candidati ai collegi uninominali di Camera e Senato delle coalizioni di Centrosinistra, Centrodestra, del Movimento 5 Stelle e di Liberi e uguali; dei candidati presidenti delle regioni Lazio e Lombardia e dei leader. Sono stati analizzati post, tweet, immagini e video di 1419 candidati e sono stati segnalati l’uso di stereotipi,  dichiarazioni offensive, razziste, discriminatorie e di incitamento alla violenza che hanno come bersaglio migranti e rifugiati, immigrati, rom, persone Lgbti, donne, comunità ebraiche e islamiche. 

Lo immaginavamo e ne abbiamo avuto conferma. Il discorso d’odio ha fatto breccia anche in Italia e la campagna elettorale ne è stata la dimostrazione – dice Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia – Alcune forze politiche si sono servite di stereotipi e incitazioni all’odio per fare propri diffusi sentimenti populisti, identitari e xenofobi, promuovendo la diffusione di un linguaggio incendiario, divisivo, che discrimina anziché promuovere l’eguaglianza, che pensa che minoranze e gruppi vulnerabili siano una minaccia e che i diritti non spettino a tutti”.

I discorsi dei candidati sono stati analizzati valutandone la criticità secondo tre livelli di gravità: linguaggio offensivo e veicolo di stereotipi (giallo), grave, discriminazione  e razzismo (arancione) fino a molto grave, incitamento all’odio e alla violenza (rosso).

Quali i risultati? Il discorso d’odio rappresenta una costante: in 23 giorni sono state raccolte 787 segnalazioni, pari a più di un messaggio offensivo, razzista e discriminatorio all’ora moltiplicato dalla Rete. Queste segnalazioni sono stati attribuite a 129 candidati unici, di cui 77 sono stati eletti. Il 43,5% delle dichiarazioni segnalate sono pervenute dai leader, il 50% da candidati parlamentari e il 6,5% da candidati alla presidenza delle regioni Lazio e Lombardia. Se nel calcolo si inseriscono anche i leader, spiega Amnesty, “il 51% delle dichiarazioni è da attribuire a candidati della Lega, il 27% a Fratelli d’Italia, il 13% a Forza Italia, il 4% a Casa Pound, il 3% a L’Italia agli Italiani, e il 2% al Movimento 5 Stelle”.

Il primo bersaglio dei discorsi d’odio, di stereotipi e discriminazione, col numero impressionante di quasi il 91% di segnalazioni, sono i migranti e gli immigrati. L’11% delle dichiarazioni ha riguardato discriminazioni di tipo religioso, veicolando sentimenti islamofobici; il 6% delle dichiarazioni ha avuto per oggetto la comunità Lgtbi, il 4,8% i rom, e l’1,8% le discriminazioni di genere.

Nel monitoraggio condotto da Amnesty, il 7% delle dichiarazioni ha incitato direttamente alla violenza e il 32% delle segnalazioni ha veicolato fake news e dati alterati.

“Durante la campagna elettorale la retorica dominante del “noi contro loro” è stata affiancata dalla narrativa divisiva del “loro contro di noi” e sempre più spesso dall’odio di italiani contro altri italiani che si occupano di migranti, secondo il pericolo schema “noi contro voi che aiutate loro” – ha commentato Rufini – Fa impressione rilevare che così tante persone che competevano per un ruolo istituzionale abbiano fatto ricorso a un discorso palesemente discriminatorio e d’odio durante la campagna elettorale. Il rischio che abbiamo di fronte è la normalizzazione dell’odio”.


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