Difficoltà ad arrivare a fine mese, famiglie vulnerabili, consumi a picco. I dati più recenti sono quelli forniti ieri dal Centro Studi di Confindustria in Congiuntura Flash: la fiducia delle famiglie ha toccato in aprile il minimo storico (3,8 punti sotto il record del luglio 2008). Inoltre, risulta che sono crollati i giudizi sul bilancio familiare. Tra le molte cause, si distingue il balzo dei prezzi al consumo energetici: +34,8% in aprile dall’ottobre 2009, +13,6% dal picco 2008. La spesa è frenata anche dal maggior risparmio precauzionale, alimentato dall’incertezza sull’ammontare degli esborsi fiscali e dal tentativo di ricostituirne il valore eroso nel 2008-2009 per difendere lo standard di vita.Si aggrava anche il peggioramento del mercato del lavoro italiano, sottolinea il Csc che alla luce dei dati Istat sulla disoccupazione, 9,8% a marzo, top dal 2000 e di quelli sull’occupazione, -0,2%, sottolinea “le difficoltà dei bilanci delle famiglie” e delle imprese.
Le persone inattive sono indotte a cercare un impiego da redditi familiari in sofferenza a causa della diminuzione di posti di lavoro e delle retribuzioni reali. Le quali, di fatto e orarie, nel 2011 sono salite dell’1,9% nell’industria in senso stretto (+0,8% nell’intera economia), meno dei prezzi (+2,8%), ma molto oltre la produttivita’ (+0,5%). Nell’industria in senso stretto il Csc stima che a inizio 2012 la produttività, in flessione dall’estate, si sia contratta ancora e il Clup abbia registrato un altro balzo. Queste dinamiche erodono i già bassi margini aziendali, a danno delle prospettive per occupazione e investimenti.
Della vulnerabilità delle famiglie si è discusso anche oggi in un convegno a Milano  promosso dalla Lega Consumatori in preparazione al VII Incontro Mondiale della Famiglie che si terrà nel capoluogo lombardo dal 27 maggio al 3 giugno. La discussione ha preso le mosse a partire dai dati di una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Milano per conto del Forum Ania Consumatori secondo la quale solo  il 6% delle famiglie italiane è in grado di far quadrare il bilancio o affrontare spese impreviste con facilità o molta facilità e non hanno difficoltà a sostenere spese o pagare bollette.
In questo contesto non poteva non farsi un riferimento al gioco d’azzardo e alle sue conseguenze che possono determinare gravi danni al nostro tessuto sociale.
Sono circa 15 milioni i giocatori d’azzardo nel nostro Paese. Il comparto giochi nei primi tre mesi dell’anno ha portato nelle casse dello Stato circa 2,2 miliardi di euro, pari al 9,5% della raccolta complessiva (23,1 miliardi di euro). Il contribuente maggiore si confermano le newslot, con un gettito di quasi 900 milioni. A seguire – informa l’Agicos – il Lotto (circa 400 milioni), le lotterie e i Gratta e Vinci (330 milioni), i giochi numerici (SuperEnalotto e WinForLife (240 milioni) e le videolottery (220 milioni). Bingo e scommesse sportive hanno contribuito ciascuno con 40-50 milioni. Poker cash e casinò games, nonostante la raccolta di quasi 3,5 miliardi, hanno versato un gettito di una trentina di milioni. Skill games e gioco ippico hanno versato oltre 10-15 milioni.
Dati che hanno spinto il ministro della Salute, Renato Balduzzi, che sono diventate “necessarie misure restrittive per vietare l’accesso ai minori ai giochi d’azzardo con vincita in denaro nonché una ferrea regolamentazione della pubblicità mediatica (TV, Radio, Internet)”.
Che fare?  Secondo Paolo Landi, presidente della Fondazione Consumo Sostenibile, “per sostenere la famiglia in difficoltà occorre prevedere socialità sulle tariffe, attraverso una solidarietà tra gli utenti. Occorre rimuovere rendite che possano ridurre il costo di alcuni servizi come nel settore assicurativo con la possibilità di un abbattimento delle tariffe del 30%.  Sui carburanti intervenendo sul cartello fra le compagnie a livello europeo. Sulla salute andando a rimettere in discussione la connivenza tra privato e pubblico all’interno della sanità che ha come conseguenza lunghe liste di attesa che spesso favoriscono il privato sotto utilizzando costosi macchinari a poche ore al giorno”.


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