Primo passo del Parlamento europeo per la riduzione dell’uso degli shopper di plastica: secondo la proposta di direttiva votata ieri in Commissione Ambiente, gli Stati dell’Unione europea dovranno ridurre il consumo della maggior parte dei sacchetti di plastica più comuni e inquinanti dell’80% entro il 2019 e del 50% entro il 2017. La direttiva dovrà essere votata nella sessione plenaria di Strasburgo del 14-17 aprile. Soddisfatte le sigle ambientaliste, che rivendicano il “modello-Italia”.
Secondo gli eurodeputati, gli Stati dovrebbero adottare misure, come tasse, imposte, restrizioni o divieti di commercializzazione, al fine di garantire che i negozi non forniscano sacchetti di plastica gratuiti, ad eccezione di quelli molto leggeri, utilizzati per avvolgere alimenti sfusi come carne cruda, pesce e prodotti lattiero-caseari. I sacchetti di plastica utilizzati per avvolgere alimenti come frutta, verdura e dolciumi dovranno invece essere sostituiti dal 2019 da sacchetti in carta riciclata o sacchetti biodegradabili e compostabili.
La decisione è accolta con favore dalle sigle ambientaliste, che ricordano come l’Italia sia stata, da questo punto di vista, all’avanguardia in Europa. “Ben venga la direttiva europea sugli shopper di plastica, votata dalla Commissione Ambiente del Parlamento Europeo, che prevede la possibilità di tassare o di mettere al bando gli shopper tradizionali come previsto nell’esperienza italiana – afferma Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente – Si tratta finalmente di una buona notizia per l’ambiente in Europa e un riconoscimento importante per l’Italia e la sua legge che mette al bando le buste di plastica. Ora una delle priorità da seguire sarà quella di aggredire in maniera definitiva l’usa e getta, risolvere il problema dei sacchetti illegali ancora troppo diffusi e promuovere le filiere delle produzione industriali innovative e rispettose dell’ambiente come ha fatto in questi anni l’Italia, che tra l’altro è diventata un esempio e ha fatto scuola in Europa per la riduzione dell’uso degli shopper inquinanti usa e getta, per la lotta all’inquinamento marino da plastica e per l’uso dei sacchetti compostabili per la raccolta differenziata per l’uso domestico”. Con l’entrata in vigore della legge contro gli shopper non compostabili nel 2011, ricorda Legambiente, l’Italia – che consumava il 25% di sacchetti usa e getta del totale consumato in Europa – ha dimezzato questa percentuale tracciando le basi per una corretta gestione dei rifiuti e per la riduzione del consumo di plastica usa e getta. “Ci auguriamo – conclude Ciafani – che il Parlamento Europeo approvi in tempi brevi la Direttiva sugli shopper per continuare tutti insieme la battaglia sulla riduzione delle buste in plastica”.
Il Kyoto Club sottolinea a sua volta che “obiettivo della Proposta incentrata sulle borse di plastica è limitare le conseguenze negative sull’ambiente, in particolare per quanto riguarda la loro facile trasformazione in immondizia, nonché contribuire a prevenire la formazione di rifiuti e a promuovere un uso più efficiente delle risorse. In particolare, la proposta mira a ridurre il consumo dell’Unione europea delle borse di plastica”.
“La proposta della Commissione Europea lascia libertà ai paesi membri di adottare misure per la riduzione dell’impiego degli shopper in plastica ed eventuali restrizioni relative alla loro commercializzazione – ha detto Francesco Ferrante, Vicepresidente del Kyoto Club e autore dell’emendamento che introdusse nella legislazione italiana il divieto degli shopper in vigore dal gennaio 2011 – e ora quindi non ci sono più alibi per non applicare le sanzioni a chi si ostina a commercializzare sacchi non conformi alle regole europee di biodegradabilità e compostabilità. La scelta conferma che il modello italiano, che ha già ridotto il consumo di shopper usa e getta da circa 180000 ton nel 2010 e circa 90000 nel 2013, con una riduzione del 50% e un miglioramento della qualità e quantità del rifiuto organico, può essere davvero un modello per tutta l’Europa nel comune raggiungimento degli obiettivi fissati dalla bozza votata ieri dalla Commissione ambiente: 50%, rispetto al 2010, entro i tre anni dall’entrata in vigore della nuova Direttiva e, successivamente, l’80% entro cinque anni rispetto alla media europea”.


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