Domani il Parlamento europeo voterà la riforma del copyright e del diritto d’autore online. Ultima chiamata per questo provvedimento, perché se l’Europarlamento non raggiungerà il consenso per approvare la riforma non ci saranno più i tempi per completarla. L’anno prossimo ci sono infatti le elezioni europee. Lo scorso luglio il Parlamento europeo ha respinto il mandato negoziale proposto dalla Commissione giuridica a giugno per avviare i negoziati e aggiornare all’era digitale la normativa sul diritto d’autore. Il testo sarà dunque oggetto di discussione, emendamento e voto domani a Strasburgo. La riforma proposta è molto contestata e ha spaccato il Parlamento europeo e la società civile. Vede contrapporsi da un lato le big company del web e le grandi piattaforme online, come Google, dall’altro i grandi editori come pure le case editrici e gli artisti.

In linea generale, si vuole riformare il diritto d’autore tenendo conto delle innovazioni in epoca digitale e dell’attività fatta dalle piattaforme online, dagli aggregatori di notizie, da Facebook, Google, YouTube e company. E dunque prevedere un equo compenso per l’uso online delle opere di autori e artisti, comprese le pubblicazioni giornalistiche. I principali oppositori della riforma sostengono che le misure previste finirebbero per cambiare la natura e la cultura di internet – non a caso si sono espressi in senso contrario anche pionieri del web ed esperti – mettendo a rischio la libertà di espressione. Nel frattempo, ci sono state alcune correzioni. Come scrive la testata specializzata Key4Biz, nella nuova bozza non sarebbero più previsti i filtri per i contenuti da parte della piattaforme come YouTube.  “La nuova proposta di riforma non prevede più l’attivazione di filtri in grado di impedire nell’Unione europea la pubblicazione senza autorizzazioni di contenuti protetti, ma resta in piedi la responsabilità delle piattaforme in caso di violazione del copyright – si legge sul sito – Per cui l’articolo 13 della Direttiva Europea richiederà alle piattaforme online di negoziare accordi di licenza equi e trasparenti (ora sono accordi di riservatezza) con i titolari dei diritti d’autore”. Dall’obbligo previsto sarebbero esentati Wikipedia ed enciclopedie online, meme, satira e parodie, piccole e medie imprese, siti open source.

La grande stampa ha denunciato negli ultimi giorni una fortissima attività di lobbying da parte dei giganti statunitensi del web. Come pure in realtà si sono mobilitati editori e creativi, tanto è vero che oggi la Fieg (Federazione italiana editori giornali) ha comprato una pagina sui quotidiani nazionali con un appello agli europarlamentari italiani perché domani votino sì all’art 11 della direttiva “al fine di garantire un giusto compenso a giornalisti ed editori per la distribuzione dei loro contenuti in Internet”.

Si è mobilitata anche Wikipedia che chiede di aggiornare il diritto d’autore. Scrive Wikimedia Foundation: “Il 12 settembre il Parlamento europeo voterà su cambiamenti alla legge sul diritto d’autore che detteranno le modalità di comunicazione nell’era digitale. Dopo quasi due decadi dall’ultima riforma, l’Europa ha la rara opportunità di correggere il diritto d’autore adottando norme che non riflettano quella visione di creazione unilaterale attualmente incarnata nelle leggi europee, ma piuttosto il modo in cui oggi le persone creano e condividono online. Wikimedia auspica una legge che salvaguardi il pubblico dominio e che non obblighi a prefiltrare inefficacemente i contenuti.” Per la Wikimedia Foundation, “le decisioni che prenderemo ora o promuoveranno un ambiente in cui Wikipedia e il sapere fioriranno, o mineranno la capacità delle persone di collaborare liberamente su Internet”.

Il tema ha ripercussioni economiche ma anche politiche e culturali. Come andrà a finire non è facile da prevedere. I partiti sono spaccati e se il testo venisse respinto non ci sarebbe probabilmente il tempo di riesaminare il tutto e riavviare l’iter legislativo prima delle prossime elezioni europee di maggio 2019.

 

@sabrybergamini


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