“L’Italia si sta impoverendo. La crisi che stiamo vivendo da anni è molto diversa di quelle precedenti, anche delle più gravi”. Con queste parole il Presidente dell’Associazione bancaria italiana Antonio Patuelli ha aperto i lavori della 53esima assemblea annuale dell’Abi. Parole forti che non lasciano molto spazio all’immaginazione: per uscire dalla crisi occorrono sforzi decisi e convergenti e politiche lungimiranti. La politica monetaria aiuta, ma non basta.
Patuelli ha ricordato che l’Europa ha importato gli effetti della crisi finanziaria nata in America. Una crisi che si è allargata all’economia in genere, con pesanti cadute nel commercio internazionale, e che ha colpito pesantemente l’Italia nelle sue imprese. Anche perché sull’Italia gravano altri pesanti fattori, a cominciare dalla scarsa competitività e dal peso sempre più insopportabile del debito pubblico, che schiaccia famiglie e imprese con una tassazione tra le più alte d’Europa. Per non parlare dell’enorme fenomeno dell’evasione fiscale.
Il Presidente dell’Abi ha precisato che gli interventi della BCE, rispettosa dei Trattati, hanno salvaguardato i prezzi e la tenuta della moneta unica, “ma la politica monetaria non può supplire agli interventi più profondi che devono essere fatti dalle istituzioni europee”. Il neonazionalismo non porta da nessuna parte (come dimostra il passato) anche perché il progresso tecnologico non lo permette.
“Questa crisi è diversa dalle precedenti – ha ribadito Patuelli – Non c’è più l’Italia degli anni ’50, né quella del boom economico. Non ci sono più nemmeno le banche pubbliche. Ora tutto è diverso: imprese e banche private, insieme con le famiglie, si trovano da sole a fronteggiare le difficoltà”. Secondo il Presidente dell’Abi viviamo in una fase in cui tutto è collegato: “banche e imprese sono insieme floride come insieme soffrono, come sta succedendo adesso”.
“I Trattati vigenti hanno bisogno di una verifica perché non sono sufficienti ad uscire dalla crisi”. L’Abi chiede che anche gli Stati nazionali abbiano bilanci precisi e trasparenti come le imprese. E chiede una “Costituzione economica europea”.
Le ricette per la ripresa sono diverse e urgenti: bisogna iniziare a ridurre il debito pubblico, senza patrimoniali. Occorre una politica economica più orientata ai settori produttivi. Non deve esserci contrapposizione, ma parallelismo tra banche e imprese in genere.
Patuelli ha letto il messaggio del Premier Enrico Letta che ha esortato a completare al più presto l’Unione bancaria europea ed ha invitato ad organizzare un evento comune, da tenere durante la presidenza italiana del Consiglio europeo, quindi in autunno 2014, sui problemi del credito europeo: se l’Europa non esce dalla crisi le banche continueranno a soffrire e viceversa.
Ad aggiungere dati e previsioni è stato il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco: la contrazione del Pil per il 2013 “sarebbe vicina ai due punti percentuali. L’attività economica tornerebbe a espandersi a ritmi moderati dalla fine dell’anno con una crescita complessiva superiore al mezzo punto percentuale nel 2014″. “I margini di incertezza sono elevati: sui tempi e sull’intensità della ripresa gravano i rischi di un rallentamento dell’economia mondiale, in particolare nelle economie emergenti” ha aggiunto Visco che ha anche fatto riferimento (non esplicitamente) al taglio di rating dell’Italia da parte di Standard&Poors: “Non vanno sottovalutati i timori degli analisti internazionali sulla solidità delle banche italiane anche se non sempre ben motivati”. Le banche italiane devono “proseguire l’azione di rafforzamento patrimoniale”;  “la ripresa dell’economia” consentirà di ridurre l’esposizione al debito pubblico delle banche a livelli pre-crisi e ampliare “il sostegno creditizio a famiglie e imprese”.


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