Come sta cambiando la mobilità? L’app Pollicino svela alcuni dati sulla città di Bologna
Secondo l’analisi dell’Osservatorio Sharing Mobility, l’effetto pandemia ha consolidato lo smart working e l’apprendimento a distanza. Questa tendenza tende a premiare la flessibilità dell’auto privata, ma fa anche intravvedere la potenzialità dei servizi di sharing mobility
La mobilità in città sta cambiando rapidamente anche come conseguenza della pandemia. A seguito del consolidarsi di pratiche di smart working e di apprendimento a distanza – spiega l’Osservatorio Sharing Mobility – è divenuta infatti molto meno regolare e quindi molto meno prevedibile. Le città, quindi, sono pronte a programmare la mobilità del futuro sempre più condivisa, elettrica e digitale? Una prima risposta arriva dall’app Pollicino che, attraverso lo smartphone, utilizza la Future Mobility Survey per analizzare tutti gli spostamenti in città, grazie alla collaborazione dei cittadini che ne consentono la registrazione anonima.
Che la mobilità in città stia cambiando, inoltre, lo dicono anche gli ultimi numeri sulla sharing mobility: nel 2021 i viaggi realizzati in sharing mobility sono stati in tutto 35 milioni circa, + 61% rispetto al 2020. Il bikesharing free-floating e cresciuto del 56% rispetto al 2020, lo scootersharing del 5%, i monopattini in sharing nel 2021 hanno registrato la metà dei noleggi totali fatti in Italia (17,9milioni), i servizi di carsharing con stazione segnano un +22,2% di viaggi rispetto al 2020.
Pollicino, i dati di Bologna sulla mobilità
Pollicino, un progetto pilota tra i primi in Europa, nato dalla collaborazione fra la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, il Ministero dei Trasporti e il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, e sperimentato per la prima volta a Bologna, è stato presentato oggi a Milano dall’Osservatorio Sharing Mobility con il supporto di Nordcom, la delegazione del Québec e il patrocinio della Commissione Europea.
“L’esperienza di Pollicino realizzata a Bologna, che speriamo possa essere replicata in altre città italiane, ci ha mostrato che abbiamo oggi uno strumento molto più potente, preciso e meno costoso di quelli utilizzati finora per analizzare la mobilità urbana, e che possono essere i cittadini stessi a raccontarci direttamente come cambia la mobilità, formando una community che collabora con le amministrazioni. È il fenomeno del cosiddetto data altruism“, ha dichiarato Raimondo Orsini, Direttore della Fondazione Sviluppo Sostenibile.
Con l’occasione sono stati condivisi i risultati di questa prima sperimentazione, “con l’obiettivo di avviare un confronto sull’utilità di poter disporre di dati di mobilità sempre più efficaci e sull’opportunità di replicare quest’esperienza nel prossimo futuro anche in altre città italiane”.
Circa 1000 cittadini hanno partecipato all’indagine di Bologna facendo registrare tutti i loro spostamenti per 7 giorni. Come detto, l’analisi dei dati dei Pollicini bolognesi ha fatto emergere che la mobilità in città, anche a seguito delle pratiche di smart working, è divenuta molto meno regolare e quindi molto meno prevedibile: in particolare, è emerso che la maggioranza delle percorrenze non avviene nei giorni lavorativi, come in passato, ma nel week-end. Inoltre, gli spostamenti cosiddetti non sistematici e per motivazioni diverse da lavoro e studio sono nettamente predominanti.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio Sharing Mobility, “l’effetto pandemia ha consolidato lo smart working e l’apprendimento a distanza, tanto che ormai la percentuale delle persone che si spostano 5 giorni a settimana per lavoro è meno di un quarto del totale (23%) e, se sommata a quella che si sposta solo quattro giorni a settimana, non supera la metà del campione, indice di una quotidianità che non è più scandita da questa tipologia di spostamenti.
Questa nuova struttura della mobilità tende, però, a premiare la flessibilità dell’auto privata (e questo non va a vantaggio dell’ambiente); penalizza l’uso del trasporto pubblico, ma fa anche intravvedere la potenzialità dei servizi di sharing mobility e la possibile espansione della mobilità attiva, soprattutto quella in bicicletta. Il modal share poi – prosegue l’Osservatorio – cambia radicalmente in funzione della motivazione dello spostamento: quando si tratta di andare al lavoro l’auto si attesta intorno al 24,9% e l’autobus al 20%, ma se si tratta di fare acquisti l’auto raggiunge il 40,9% e il mezzo pubblico scende al 7,1%”.
Un’indagine approfondita, inoltre, ha permesso di verificare che chi sceglie regolarmente di spostarsi in bikesharing e carsharing tende ad utilizzare meno l’auto anche per gli altri spostamenti, e preferisce il mezzo pubblico e muoversi di più a piedi, rispetto a chi non usa regolarmente queste soluzioni di mobilità.