GreenPeace continua ad essere in prima linea sulla questione dell’acqua potabile inquinata da PFSA in una vasta area del Veneto dove migliaia di cittadini sono stati esposti ad acqua che non sarebbe considerata sicura negli Stati Uniti o in Svezia. Perché i livelli di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) sono davvero troppo alti, ma i limiti di legge adottati dal Veneto sono fra i più alti al mondo. Oggi, in una conferenza stampa a Padova, l’associazione ambientalista ha presentato il rapporto “Non ce la beviamo”.I campioni di acqua potabile sono stati raccolti lo scorso aprile in diciotto scuole primarie e sette fontane pubbliche nelle province di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo. In più della metà dei campioni sono stati superati i valori di PFAS ritenuti sicuri per la salute in altri paesi. Questo dato è ancora più grave visto che gran parte dei superamenti riguarda le scuole: i bambini, come è noto, sono tra i soggetti più a rischio.

I risultati hanno evidenziato, seppur in concentrazioni diverse, la presenza di PFAS in tutti i campioni analizzati, incluse Padova, Verona, Vicenza e alcuni comuni della Provincia di Rovigo, oltre ai comuni della zona rossa per i quali la contaminazione è già nota. Nel campione di acqua prelevato presso la scuola di San Giovanni Lupatoto, un comune non incluso nella zona a maggiore contaminazione, è stato addirittura superato, seppur di poco, il livello di PFOS (Acido Perfluorottansolfonico) consentito nell’acqua potabile in Veneto.

Possiamo dire ora che i cittadini potenzialmente esposti alla contaminazione da PFAS attraverso l’acqua potabile sono oltre 800 mila. È un’emergenza ambientale senza precedenti che tocca anche i principali capoluoghi veneti”, dichiara Giuseppe Ungherese, Responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

“I provvedimenti di tipo sanitario adottati finora dalla Regione Veneto non sono sufficienti a tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini. La situazione è fuori controllo. Sono passati già quattro anni dalla scoperta della contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche, quanti anni ancora dovranno aspettare i cittadini affinché la Regione individui e blocchi gli scarichi di PFAS? Se non si interviene sulla contaminazione alla radice, trattandosi di sostanze bioaccumulabili, la situazione si aggraverà ulteriormente” conclude Ungherese.

Dal rapporto emerge la presenza di PFAS anche nell’acqua potabile di scuole e fontane pubbliche lontane dalla zona più contaminata. Inoltre, nelle varie località sono state riscontrate diverse tipologie di PFAS con pattern di contaminazione differenziati che suggeriscono la possibile presenza di altre fonti di inquinamento rispetto a quelle già individuate e che insistono sulla zona rossa.

Nei mesi scorsi, proprio per tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini, Greenpeace ha lanciato una petizione per chiedere alla Regione Veneto di censire e bloccare tutte le fonti di inquinamento da PFAS e di adeguare, ai livelli più restrittivi vigenti in altri Paesi, le concentrazioni di PFAS consentite nell’acqua potabile.

 

Notizia pubblicata il 15/05/2017 ore 16.52


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