Fibromialgia, prosegue da 30 giorni lo sciopero della fame a staffetta
Prosegue da 30 giorni lo sciopero della fame a staffetta per il riconoscimento della fibromialgia quale malattia invalidante. La protesta è iniziata un mese fa e ci sono adesioni fino a fine giugno 2025
Lo sciopero della fame a staffetta prosegue da 30 giorni. E ci sono adesioni che lo possono portare fino alle fine di gennaio 2025. Sono trenta i giorni di digiuno a staffetta già raggiunti da cittadini, volontari e pazienti a favore del riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante. Ad annunciarlo è stata AISF- Associazione italiana sindrome fibromialgica, che ha dato il via a questo gesto dopo la manifestazione di protesta, tenuta a Roma lo scorso 29 ottobre.
«Non ci aspettavamo di avere un così ampio sostegno da parte delle persone. Infatti sono tantissime le donne e gli uomini che, anche non affetti da fibromialgia, ci hanno espresso il proprio sostegno, mettendosi al fianco in questa battaglia. Ad oggi abbiamo già registrato la disponibilità dai cittadini fino alla fine di gennaio 2025 – ha detto Giusy Fabio, vice presidente dell’associazione – e siamo determinati a non fermarci sino a quando non riceveremo delle risposte chiare da parte della politica, cioè il riconoscimento di questa patologia quale invalidante tramite l’approvazione di un testo unico».
Fibromialgia, pazienti e cittadini in piazza
Alla fine di ottobre l’associazione ha organizzato una conferenza stampa e subito dopo una manifestazione, a pochi passi dal Senato, e lanciato uno sciopero della fame e della sete che i volontari dell’Aisf e tutti coloro che aderiscono alla causa si sono impegnati a realizzare con modalità a staffetta per non mettere a rischio la salute dei pazienti. L’associazione chiede il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante, l’inserimento nei Lea e l’istituzione di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (Pdta) nazionale.
Sono in due milioni, secondo le stime, gli italiani che soffrono di fibromialgia, una malattia cronica caratterizzata da dolore diffuso, rigidità muscolare, disturbi del sonno, stanchezza cronica, fatica, mal di testa e molti altri sintomi. Una patologia che ha cause sconosciute, complessa da diagnosticare, al momento senza cura ma con diverse terapie volte ad alleviarne i disturbi (Fonte: ISS). La patologia riguarda una percentuale compresa fra il 2 e il 3% della popolazione anche se il dato probabilmente è sottostimato per la difficoltà di diagnosi. E alla sintomatologia invalidante si aggiungono la difformità di trattamento della malattia nelle Regioni, la mancanza di centri multidisciplinari e approvazioni farmacologiche, la scarsa sensibilizzazione con cui spesso le persone affette fanno i conti persino fra gli operatori sanitari.
AISF ricorda inoltre che solo pochi giorni fa la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome ha dato il via libera al decreto tariffe per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e protesica. Si tratta di un passaggio importante, necessario a sbloccare i Livelli essenziali di assistenza (Lea) stabiliti nel 2017 che non riguarda direttamente la fibromialgia ma che potenzialmente riapre la discussione sull’inserimento della patologia nei nuovi Lea.
«A dicembre 2020 – ricorda Fabio – la Commissione nazionale Lea si è riunita per l’aggiornamento e sul tavolo è finito anche il fascicolo riguardante la fibromialgia. Durante i lavori, sono state fatte diverse audizioni con le Società scientifiche, sono stati presentati i vari pacchetti di prestazioni con opzioni di spesa, proprio per garantire che tutto potesse essere fatto escludendo il problema economico. Seppur non vi sia una documentazione scritta, data la mancanza di un decreto di aggiornamento, l’Associazione ha potuto apprendere che una delle patologie che verrà inserita nel prossimo aggiornamento è la sindrome fibromialgica. Ci auguriamo che con l’avvicinamento delle nuove tariffe si possa anche inserire la patologia fra le malattie riconosciute per dare finalmente risposta ai cittadini».