Pesticidi, in Alto Adige parchi e cortili di scuola ancora contaminati (foto pixabay)

Parchi giochi e cortili scolastici dell’Alto Adige sono ancora contaminati da pesticidi. Le misure di riduzione dell’inquinamento da pesticidi adottate dalle autorità locali, come l’adozione di una zona cuscinetto di 30 metri, non bastano a proteggere i gruppi vulnerabili dall’esposizione e dall’inquinamento da pesticidi.

È la conclusione cui arriva uno studio fatto nella provincia di Bolzano-Aldo Adige, regione di produzione di mele e vino, frutto della collaborazione tra esperti di ISDE-Medici per l’Ambiente, Health and Environment Alliance (HEAL), Pesticide Action Network (PAN) Europe, PAN Germany e l’Università di Risorse Naturali e Scienze della Vita di Vienna (BOKU).

Pesticidi, lo studio in Alto Adige

I ricercatori hanno esaminato i dati ufficiali di 306 campioni di erba raccolti da 88 siti pubblici non agricoli, come parchi giochi per bambini, mercati e cortili di scuole, tra il 2014 e il 2020.

Ne emerge che le misure locali sui pesticidi non bastano a prevenire l’esposizione ai pesticidi negli spazi pubblici. Fra queste misure ci sono cartelli di avvertimento e restrizioni sull’orario e sulla distanza in cui i pesticidi possono essere spruzzati. A Bolzano-Aldo Adige ad esempio queste norme comprendono una zona cuscinetto di 30 metri quando i pesticidi con proprietà pericolose per la salute e l’ambiente sono utilizzati in prossimità di aree frequentate da bambini e dal pubblico in generale. Solo in caso di misure di mitigazione aggiuntive, come l’uso di barriere (ad esempio, alberi o siepi), la distanza può essere ridotta a zone di rispetto di cinque o dieci metri.

I risultati evidenziano che l’esposizione ai pesticidi rimane, come pure quella a molteplici residui, e in alcuni casi la percentuale di residui potenzialmente dannosi è in aumento. Nonostante una leggera riduzione dei residui di pesticidi durante il periodo di studio, spiega Isde in una nota, è stato possibile rilevare residui di almeno un pesticida nel 73% dei siti campionati e residui multipli nel 27% dei siti nel 2020.

Il fluazinam, un fungicida che si sospetta possa causare danni al feto e che è stato collegato al cancro in studi sugli animali, è stato rilevato nel 74% dei siti contaminati. Sono stati trovati frequentemente anche altri pesticidi dannosi come il fungicida captan (60%) e l’insetticida fosmet (49%).

La percentuale di residui potenzialmente dannosi per la riproduzione umana è aumentata in modo significativo, passando dal 21% del 2014 all’88% del 2020. Anche la percentuale di residui potenzialmente dannosi per alcuni organi è aumentata dallo 0% del 2014 al 21% del 2020. La percentuale di sostanze potenzialmente in grado di influenzare il sistema endocrino (89%) o di provocare il cancro (45%) nell’uomo è rimasta costante nel periodo di studio.

Se queste concentrazioni di residui di pesticidi venissero riscontrate negli alimenti coltivati localmente, sarebbero di parecchie volte superiori a quelle considerate sicure per il consumo nell’UE. Uno studio precedente ha dimostrato che i residui di pesticidi sono stati rilevati a distanze che vanno da cinque a 600 metri dai siti agricoli in cui sono stati originariamente utilizzati.

 

Fonte: Isde.it

 

Pesticidi, servono misure più severe

I risultati, spiega ancora Isde, arrivano subito dopo la pubblicazione da parte della Commissione Europea di una proposta di nuovo regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi (SUR), che fissa obiettivi di riduzione giuridicamente vincolanti per dimezzare l’uso dei pesticidi in tutti gli Stati membri dell’UE entro il 2030, in particolare di quelli noti per essere pericolosi per la salute. La proposta mira anche a vietare l’uso dei pesticidi in tutte le aree “sensibili” utilizzate dal pubblico o di importanza ecologica nel raggio di tre metri.

Il dato di rilievo è che molte misure proposte a livello europeo sono meno severe di quelle attuate dal governo dell’Alto Adige, dove appunto i pesticidi con proprietà pericolose non possono essere utilizzati nelle aree frequentate dalla popolazione e dai bambini, né a una distanza di 30 metri da essi.

«Il nostro studio dimostra che le misure regionali per ridurre l’esposizione ai pesticidi, più severe di quelle proposte dalla Commissione europea, non sono sufficienti a prevenire l’esposizione dei bambini e della popolazione in generale a sostanze potenzialmente cancerogene o dannose per la riproduzione. Per proteggere la salute è urgente una riduzione più drastica di tutti i pesticidi e un significativo ampliamento delle zone cuscinetto suggerite ad almeno 50 metri», spiegano il dott. Francesco Romizi, responsabile comunicazione di ISDE Italia e la dott.ssa Angeliki Lyssimachou, Senior Science Policy Officer di HEAL e coautrice dello studio.


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