Cambiamenti climatici ed economia italiana, il caldo fa male al Pil e alla salute delle persone (foto pixabay)

I cambiamenti climatici hanno effetti pesanti sull’economia italiana. Agricoltura, industria e turismo saranno particolarmente esposti all’impatto dei cambiamenti climatici in Italia. Ma le conseguenze negative dell’aumento di temperatura e degli eventi climatici estremi si “spalmano” su diversi campi che riguardano sia la produttività delle aziende sia la salute delle persone – con temperature troppo alte, anche gli studenti “rendono” meno nei test scolastici. Troppo caldo fa male ai raccolti tipici dell’Italia, fa male alla salute delle persone, fa “male” al Pil che diminuisce.

“Gli effetti del cambiamento climatico sull’economia italiana”

Lo studio “Gli effetti del cambiamento climatico sull’economia italiana. Un progetto di ricerca della Banca d’Italia” mette insieme diversi contributi che cercano di illustrare l’impatto della crisi climatica sull’economia in Italia. A partire dalla considerazione che “i cambiamenti climatici hanno importanti conseguenze negative sull’attività economica, diffuse tra i settori ma maggiori in quelli più esposti”.

Il punto di partenza sono i cambiamenti climatici e l’aumento atteso delle temperature.

«A meno che nei prossimi decenni non vengano messe in atto riduzioni su larga scala delle emissioni, è probabile che nel corso del XXI secolo l’aumento della temperatura media della superficie terrestre superi 1,5°C o anche 2°C, a seconda dello scenario emissivo considerato – si legge nell’introduzione del progetto di ricerca – Con un riscaldamento globale pari a 1,5°C sono attese un incremento del numero di ondate di calore, stagioni calde più lunghe e stagioni fredde più brevi. Se l’aumento di temperatura fosse di 2°C gli estremi di calore raggiungerebbero soglie di tolleranza critiche per lo svolgimento di alcune attività umane».

«Secondo il rapporto del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), pubblicato nel 2020, l’area mediterranea sarà caratterizzata da un riscaldamento più elevato del 20 per cento rispetto a quello medio globale. Per l’Italia, i vari modelli climatici concordano nel prevedere un aumento della temperatura fino a 2°C nel periodo 2021-2050 (rispetto al periodo 1981-2010)».

Cambiamenti climatici, impatto su clima e società

I cambiamenti climatici hanno forti ripercussioni sull’economia e sulla società. L’agricoltura è uno dei settori più esposti ma non è il solo, perché gli effetti del cambiamento climatico sono trasversali alle attività e non solo. Bankitalia raccoglie diversi studi su campi diversi. Ad esempio, la diminuzione delle precipitazioni nevose ha un impatto sul turismo invernale, con effetti negativi e significativi sulle presenze turistiche. Anche il mercato immobiliare viene condizionato dalle eccessive temperature, con effetti legati al fatto che il caldo scoraggia la ricerca di case da parte degli acquirenti.

Il cambiamento climatico ha effetti negativi sulla produttività non solo delle imprese ma anche dei singoli individui. Uno studio mette in relazione le performance degli studenti italiani nei test Invalsi con le temperature registrate il giorno della prova: oltre i 30° circa si manifestano effetti negativi sia sui risultati dei test, soprattutto in matematica, sia sullo stress emotivo degli studenti. L’inquinamento dell’aria altera la concentrazione e la prontezza mentale, una peggiore qualità dell’aria causa un aumento di infortuni sul lavoro per chi lavora all’aperto.

Cambiamenti climatici, troppo caldo fa male ai raccolti

Uno degli studi riportati da Bankitalia riguarda l’impatto dei cambiamenti climatici sulle rese agricole del mais, del grano duro e della vite, fra i principali prodotti agricoli italiani.

Troppo caldo fa male ai raccolti”, è la prima sintesi cui si arriva.

«I risultati delle nostre stime mostrano che temperature superiori a 28°-29° danneggiano le rese di mais e grano duro, mentre l’effetto negativo è meno marcato per la vite, e si manifesta a temperature più elevate (oltre i 32°). L’impatto delle precipitazioni è invece più limitato, risultando appena positivo solo per il mais e nullo per le altre colture».

In uno scenario moderatamente ottimista in cui gli incrementi delle temperature fino al 2030 sono ancora relativamente contenuti, c’è la possibilità di effetti positivi o nulli sulla produttività agricola. Ma su orizzonti temporali più lunghi o in scenari più pessimistici, è probabile che l’aumento della temperatura in Italia sia più alto. E questo porterebbe a una diminuzione delle rese. Inoltre il cambiamento climatico potrebbe generare non solo un incremento delle temperature massime medie, ma anche un aumento della frequenza e della durata delle cosiddette “ondate di caldo” che potrebbero avere un impatto sui raccolti molto negativo.

 

Foto Pixabay

 

Cambiamenti climatici vs turismo invernale sulle Alpi

La crisi climatica ha un impatto negativo sul turismo invernale.

«Il cambiamento climatico avrà importanti ripercussioni sull’industria turistica in Italia, soprattutto nella sua componente montana, che rischia di essere tra i comparti più esposti all’aumento delle temperature e al calo delle precipitazioni nevose, condizione fondamentale per l’esercizio degli sport invernali, fattore attrattivo determinante per le località alpine».

Le proiezioni al 2100 prevedono che il calo della neve caduta in inverno sia tra il 30 e il 45 per cento.

Secondo le stime dello studio, «una riduzione del 40 per cento nella quantità di neve in una stagione implicherebbe in media una diminuzione del 7 per cento di passaggi negli impianti, che potrebbe essere ben più severa nelle località che si trovano più a bassa quota».

Questo fenomeno evidenzia anche la necessità di trovare un nuovo volto o nuove soluzioni per il turismo invernale, che non sia basato solo sull’innevamento artificiale, fra l’altro dispendioso dal punto di vista energetico ed economico

«Un’offerta ricettiva e culturale più ampia e diversificata sembra invece essere in grado di incrementare le presenze turistiche – si legge nello studio – Appare, dunque, cruciale ampliare l’offerta turistica con attività non strettamente connesse alla neve e investire in infrastrutture e programmi in grado di sostenere e spingere altri tipi di turismo, come quello legato ai congressi, ai centri benessere o agli sport invernali non legati alla presenza di neve».

La crisi climatica fa male al Pil

Un altro studio propone una valutazione di lungo periodo degli effetti sul PIL pro capite italiano dell’aumento della temperatura. L’aumento delle temperature influisce negativamente sull’economia in modi diversi – la contrazione della produzione agricola, la riduzione della produttività dei lavoratori, i minori investimenti nei settori più sensibili al riscaldamento globale.

Le stime che riguardano l’impatto del Pil sono le più diverse. “Scenari climatici più estremi con aumenti di temperatura fino a +3,7°C al 2100”, si legge, “produrrebbero una riduzione del PIL in Italia del 2% già al 2050”. Con riferimento al PIL pro capite, in scenari privi di azioni di mitigazione e aumenti di temperatura di 4°C a fine secolo, ci sarebbe un “PIL pro capite inferiore del 3,7% nel 2050 e dell’8,5% nel 2080 rispetto al livello che si avrebbe in assenza di aumenti della temperatura”.

Secondo lo studio presentato da Bankitalia, un aumento di 1,5 gradi “potrebbe condurre ad avere nel 2100 un livello di Pil pro capite tra il 2,8 e il 9,5% inferiore rispetto allo scenario base con temperature stabili”.

«La relazione tra livelli di temperatura e livelli di PIL pro capite risulta non lineare con effetti negativi oltre una certa soglia. Gli effetti sui tassi di crescita del PIL pro capite sono anch’essi negativi e significativi – si legge nel dossier – Proiettando nel futuro gli impatti di lungo periodo stimati per il passato, si sono calcolate le conseguenze che potrebbero avere (in un quadro di emissioni “intermedio”) incrementi di temperatura di circa +1,5°C entro il 2100. A partire da uno scenario baseline di crescita del PIL pro capite del 2 per cento a temperature stabili, i coefficienti ottenuti dalle stime implicano che gli aumenti di temperatura attesi potrebbero ridurre il livello del PIL pro capite tra il 2,8 e il 9,5% a fine secolo (rispetto a quello che prevarrebbe con temperature stabili)».


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