Una legge che impone “tanti e tali controlli e limiti che porterà inevitabilmente alla rinuncia di tantissimi aspiranti cuochi casalinghi”. Immaginarsi poi mamme e zie alle prese non solo col menu ma anche con l’obbligo di registrare tutto su una piattaforma digitale: facile che rinuncino. Continua a far discutere quanto previsto dalla legge sugli home restaurant passata alla Camera nei giorni scorsi e che ora dovrà andare al Senato: chi lavora nella sharing economy denuncia troppi limiti e troppe costrizioni, col risultato che molti rinunceranno del tutto a lanciarsi nell’avventura dell’home restaurant.

home restaurantQuesto è quanto afferma ad esempio Giambattista Scivoletto, amministratore del sito www.bed-and-breakfast.it con 16mila B&B registrati, il 30% dei quali interessati all’Home Restaurant, e fondatore della piattaforma homerestaurant.com: “Una legge che impone tanti e tali controlli e limiti che porterà inevitabilmente alla rinuncia di tantissimi aspiranti cuochi casalinghi, soprattutto quelli che più avrebbero portato lustro ed esperienza al settore dell’accoglienza culinaria domestica. Si pensi, ad esempio, alle nonne, alle mamme o alle zie, prime depositarie della cultura gastronomica tipica italiana, alle prese con le registrazioni sulle “piattaforme digitali” o con i pagamenti in forma elettronica, costrette a dire a chi le chiama al telefono che no, se si vuole assaggiare la parmigiana di melanzane come si faceva una volta bisogna andare sul sito www-punto-punto, prenotare e pagare lì e poi, mezz’ora prima di servire il pasto, collegarsi al sito e dichiararlo, pena multe salatissime”. Un sondaggio fatto via facebook su 2700 aspiranti home restaurant già indica che quasi il 90% non aprirà, se le regole saranno quelle previste dalla legge.

Ma cosa prevede la nuova normativa? L’attività di home restaurant viene considerata saltuaria: come tale, la norma precisa che non può superare il limite massimo di 500 coperti per anno solare, né generare proventi superiori a 5.000 euro annui. Le norme prevedono inoltre che le transazioni in denaro siano fatte attraverso le piattaforme digitali, che prevedono modalità di registrazione univoche dell’identità, e avvengano esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico. La partecipazione dell’utente fruitore all’evento enogastronomico richiede in ogni caso l’assenso da parte  dell’utente operatore cuoco. Altre disposizioni stabiliscono che le attività di home restaurant devono essere inserite nella piattaforma almeno trenta minuti prima del loro svolgimento e l’eventuale cancellazione del servizio prima della sua fruizione deve rimanere tracciata.

Scivoletto contesta poi anche i numeri e i timori sulla possibile evasione fiscale: il settore dell’home restaurat copre un giro d’affari che nel 2014 è stato stimato in 7,2 milioni di euro, “un decimillesimo di quello dichiarato dai ristoratori nel 2015”, pari a 76 miliardi di euro. “Tali numeri denunciano anche l’infondatezza dei timori sulla possibile evasione fiscale degli home restaurant – dice Scivoletto – Di certo ci sarà in misura percentuale identica a quella delle altre attività, ma una cosa è una percentuale calcolata su 76 miliardi, un’altra quella calcolata su pochi milioni. Se quindi l’urgenza era quella di recuperare denari dall’evasione, si è sbagliata – e di tanto – la mira del provvedimento. Un silenzio insopportabile, quello dei relatori della legge; sordi alle istanze di 5.000 firmatari degli appelli che chiedevano regole semplici in linea con le raccomandazioni tanto dell’Europa quanto del ministro dello Sviluppo Economico”.

Nel frattempo una petizione su change.org chiede di rimettere in discussione la legge. “Auspichiamo con forza – si legge online – che l’attuale proposta di legge possa essere rimessa in discussione con le necessarie e opportune modifiche, per contribuire in maniera efficace alla crescita delle attività economiche di chi, con buona volontà, intende contribuire allo sviluppo dell’accoglienza turistica in Italia e per eliminare la palese discriminazione con cui si è intenzionati a trattare l’attività di Home restaurant rispetto a qualsiasi altra attività contigua, chiaramente in contrasto con i principi di libera concorrenza e con i correlati principi di parità di trattamento e non discriminazione”.

 

@sabrybergamini


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Scrive per noi

Redazione
Redazione
Help consumatori è la prima e unica agenzia quotidiana d'informazione sui diritti dei cittadini-consumatori e sull'associazionismo che li tutela

Parliamone ;-)