Olio extravergine di oliva, consumi giù. Unaprol chiede trasparenza sui nuovi “condimenti”
Sono in calo i consumi di olio extravergine di oliva e si diffondono nuovi prodotti, i “condimenti”, a base di miscele di oli. Unaprol chiede di fare chiarezza
Olio extravergine di oliva, abbiamo (più di) un problema. Fra prezzi al rialzo e crisi climatica che ha ridotto la produzione, soprattutto in Spagna ma in tutto il bacino del Mediterraneo, i consumi sono in discesa. Secondo Circana, società specializzata nell’analisi del comportamento dei consumatori nella grande distribuzione italiana, nei primi dieci mesi del 2023 le vendite di olio extravergine sono calate del 9%, meno 11% se si considera anche l’olio d’oliva (Fonte: il Sole 24 Ore). I prezzi sono stabilmente sopra i 7-8 euro a bottiglia. E sugli scaffali si stanno diffondendo “condimenti” a base di olio sui quali si appunta la preoccupazione dei produttori.
Unaprol: controlli sui nuovi prodotti “condimenti” a base di miscele
«Con le vendite di olio extravergine d’oliva che nei primi sei mesi del 2023 registrano -11%, urge una campagna di comunicazione che spieghi agli italiani il valore di un prodotto di qualità finalmente riconosciuto premium e allo stesso tempo occorre incrementare i controlli sui “condimenti”, i nuovi prodotti a basso costo piazzati sugli scaffali frutto di miscelazione tra olio d’oliva e olio di semi o altri oli vegetali».
È quanto chiede il presidente di Unaprol, Consorzio Olivicolo Italiano, David Granieri, in una lettera indirizzata all’ICQRF e alla Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi alimentari del Masaf. Unaprol chiede quali siano i metodi analitici previsti per l’analisi di congruità rispetto a quanto dichiarato in etichetta e l’indicazione precisa di quanto olio extravergine d’oliva sia contenuto nei prodotti, per dare la possibilità ai consumatori di scegliere consapevolmente.
«L’olio extravergine d’oliva per tanti anni è stato ingiustamente oggetto di sottocosto o primo prezzo e adesso, finalmente, anche grazie alla congiuntura internazionale che si è creata, non può più essere così – afferma Granieri – Per questo motivo è stato sdoganato a scaffale questo blend composto da percentuali residuali di olio d’oliva con altri oli vegetali, il “condimento”, per cercare di trovare una commodity in grado di attirare l’attenzione dei consumatori ma questo tentativo, senza regolamentazione e controlli, rischia di risultare ingannevole che per chi acquista».
Questi condimenti vanno posizionati su scaffali distinti dall’extravergine ma, prosegue Unaprol, serve anche un intervento per l’etichettatura, per garantire trasparenza ai consumatori.
Mercato dell’olio, produzione in calo, consumi giù
Il mercato dell’olio è in subbuglio. I dati sui consumi procapite annuali, prosegue Unaprol, continuano a dare segnali negativi: il consumo italiano si ferma a poco più di 7,1 kg di olio d’oliva per persona, distante dagli 11,4 kg pro capite della Spagna e dai 10,3 kg pro capite della Grecia, in netto ribasso rispetto ai consumi dei primi anni 2000 che viaggiavano intorno ai 12 kg pro capite.
«È finalmente finita – afferma il presidente Unaprol – l’epoca dell’olio di qualità sotto costo, ed è necessario sfruttare questo momento, attraverso opportune campagne di comunicazione e informazione, per far capire quanto sia importante consumare un olio extravergine d’oliva di qualità e quanto sia corretto pagarlo al giusto prezzo, che è quello attuale, per consentire a tutti i protagonisti della filiera di continuare a lavorare con efficacia e serenità per mantenere alta la bandiera della qualità italiana nel mondo».
Sull’olio pesa sicuramente il crollo della produzione causato dalla siccità, specialmente in Spagna. Nella penisola iberica, dove le colture intensive richiedono grandi quantità d’acqua, si è passati da 1,8 milioni di tonnellate del 2018-19 ai 1,4 milioni del 2020-21 e 2021-22 fino a 663mila della campagna 2022-23. Il calo riguarda però tutto il Mediterraneo, compresi Italia (241 mila tonnellate prodotte), Grecia (240 mila), Tunisia (180 mila) e Portogallo (126 mila). Il 2022/2023 si è chiuso così con un calo della produzione di olio del 27% in Italia e del 56% in Spagna, primo produttore mondiale. Il prezzo dell’olio è aumentato sia in Spagna che in Italia ed è diminuita la pressione promozionale – l’olio extravergine era spesso oggetto di forti sconti denunciati come prodotto civetta, ora le vendite in promozione sono passate dal 70% al 54% (Fonte: Il Sole 24 Ore).
Certo è che l’olio di oliva è anche uno dei prodotti alimentari che più risente dei rincari. Nel carrello della spesa dei consumatori, ha prezzi sempre più alti. Secondo i dati dell’Unione Nazionale Consumatori di settembre, l’olio di oliva si pone al primo posto dei rincari dei prodotti alimentari su base annuale: più 42% rispetto a settembre 2022. Rispetto al mese precedente, segna un aumento del +3,8%.
Assitol: “Prodotto premium che contribuisce alla salute”
Il timore diffuso è che i consumatori si allontanino dall’olio extravergine di olio. L’industria chiede allora di ripensare il posizionamento a scaffale e di vedere l’olio come “prodotto premium che contribuisce in modo determinante alla salute degli italiani”.
La proposta arriva da Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria olearia, che vede nelle criticità del momento l’opportunità per riconoscere il valore dell’olio extra vergine di oliva.
«Lo scenario che abbiamo di fronte è, anche per la prossima campagna, estremamente complicato – ha spiegato Anna Cane, presidente del gruppo olio d’oliva dell’Associazione – la riduzione delle quantità di olio e l’aumento delle quotazioni, all’interno di uno scenario di inflazione e incertezza economica, fanno temere che i consumatori si allontanino da questo prodotto che, al contrario, da decenni occupa stabilmente il posto d’onore sulle nostre tavole. Ma è davvero soltanto un problema di costi oppure è ora di cambiare il nostro modo di considerare l’extra vergine?».
L’olio di oliva non va insomma visto come un semplice condimento; bisogna guardare ai benefici nutrizionali e salutistici e al suo ruolo nella dieta mediterranea. Aggiunge la presidente del gruppo olio di Assitol: «Proprio perché ‘rende’ di più, in termini di gusto e benessere, e quindi vale di più, dobbiamo cambiare il nostro approccio. Questo alimento, vittima da tempo delle vendite sottocosto, finora è stato pagato troppo poco. Per anni la filiera ha lavorato ai limiti della sostenibilità economica ed ha visto i suoi margini compressi verso il basso. Non possiamo continuare a trattarlo da commodity. Al contrario questo è il momento adatto per marcare la sua differenza rispetto ad altri grassi e condimenti».
«Comprendiamo i consumatori alle prese con il caro-vita – assicura Anna Cane – ma come hanno rilevato di recente importanti rappresentanti del mondo medico e della ricerca, mangiare peggio per risparmiare significa spendere di più in futuro per riparare ai danni della scorretta alimentazione».