Preoccupazioni ambientali, Greenpeace: gli italiani temono crisi climatica, inondazioni e inquinamento

Preoccupazioni ambientali, Greenpeace: gli italiani temono crisi climatica, inondazioni e inquinamento (foto: Greenpeace Italia)

Crisi climatica, inondazioni e inquinamento sono le principali preoccupazioni ambientali degli italiani, secondo quanto emerso dall’indagine “Le emergenze ambientali e il rischio di estinzione secondo gli italiani”, realizzata da AstraRicerche per Greenpeace Italia tra il 19 e il 21 maggio 2023.

Preoccupazioni ambientali, gli italiani temono per la salute del Pianeta

In particolare troviamo, al primo posto, la paura dei cambiamenti climatici (20,9%) e dei loro effetti più evidenti come siccità e inondazioni (17,4%), due voci che insieme riguardano quasi 4 italiani su 10, seguite dall’inquinamento dell’aria (10,8%) e dell’acqua (8,9%).

Secondo lo studio, inoltre, gli italiani temono anche la mancanza di accesso all’acqua potabile (8,5%), l’impatto delle sostanze chimiche su salute e ambiente (7%), l’aumento della quantità di rifiuti (6,7%), l’agricoltura non sostenibile e gli allevamenti intensivi (5,3%), la deforestazione (4,3%), la necessità di proteggere le specie e gli ecosistemi (4,1%), l’erosione del suolo (2,9%).

Sebbene siano i più giovani a lanciare in modo più forte l’allarme per la salute del Pianeta, la ricerca mostra che ad essere più preoccupato per la crisi climatica in atto è chi appartiene alla generazione dei baby boomer, vive nell’Italia Centro-settentrionale e in città medio-grandi. La ricerca conferma anche la consapevolezza e il coinvolgimento della Gen Z: per i ragazzi nati dal 1997 in poi, le prime quattro fonti di preoccupazione (cambiamenti climatici, siccità/inondazioni, inquinamento aria e acqua) sono sostanzialmente equiparabili, collocandosi tutte in un range tra il 15% e il 13%.

In questo quadro Greenpeace Italia evidenzia anche come i più giovani, rispetto alle altre generazioni, esprimano una preoccupazione più marcata per l’inquinamento di aria (13,6%) e acqua (12,6%).

I mari sono sempre più caldi

Greenpeace Italia pone anche una riflessione sul riscaldamento globale, che sta causando un aumento delle temperature delle acque superficiali e profonde, con gravi conseguenze sul mantenimento della loro biodiversità, particolarmente evidenti in un bacino semi chiuso come il Mediterraneo, che negli ultimi 50 anni ha perso circa il 41% dei mammiferi marini che ne facevano parte.

La scorsa estate – spiega l’associazione ambientalista – sono state registrate anomalie termiche, positive di circa 2 gradi Centigradi, sia a Portofino che sul versante settentrionale dell’Isola d’Elba, con temperature superficiali che hanno raggiunto, e in alcuni casi superato, i 27 gradi. Sono i dati allarmanti che Greenpeace Italia ha raccolto nell’ambito del progetto Mare Caldo, che si inserisce nella campagna globale per la protezione degli oceani.

“I nostri mari sono in pericolo. I dati raccolti evidenziano un significativo aumento delle temperature, che può ridurre la produttività del mare e avere effetti negativi sugli organismi marini dei fondali”, dichiara Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.

Per proteggere il mare e gli animali che lo abitano è partita a inizio settimana la spedizione di Greenpeace Italia “C’è di mezzo il mare”, per documentare la biodiversità e la fragilità dell’ecosistema marino e denunciare i crescenti impatti della crisi climatica e dell’inquinamento da plastica. L’associazione ambientalista chiede, con urgenza, l’istituzione di una rete efficace di aree marine protette pari al 30% dei nostri mari, entro il 2030.


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