Rogo di Pomezia, Osservatorio nazionale amianto: necessarie misure cautelative
C’era amianto nello stabilimento ECOX, azienda per lo smaltimento dei rifiuti leggeri, da cui si è generato il rogo di Pomezia la cui nube tossica ha avvolto un’ampia porzione della campagna romana e del nord della Provincia di Latina. È questo il vero allarme adesso. Questa mattina, il rogo era definito dai vigili del fuoco come “ormai sotto controllo” con focolai ancora attivi ma in via di spegnimento. Ieri infatti è giunta la notizia della presenza di amianto incapsulato sul tetto dello stabilimento. L’Ispra si è detta subito disponibile a intervenire con analisi specifiche sul territorio qualora se ne presentasse la necessità. “Seguiamo da vicino la situazione”, spiega Stefano Laporta, il direttore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, “e sento due volte al giorno il direttore di Arpa Lazio, ma per ora non c’è necessità di un nostro intervento” (fonte: ansa.it.).
Il Centro Agroalimentare di Roma (Car), dal quale passano i prodotti ortofrutticoli che finiscono sulle tavole di Roma e del Lazio, sta disponendo controlli a campione su tutti i prodotti che arrivano in sede dalle zone del Lazio interessate, in particolare sulle verdure a foglia. Si teme infatti un effetto “psicosi” tra i consumatori, anche se per ora non sono pervenute indicazioni in senso restrittivo dalle autorità regionali preposte.
Sul fronte delle associazioni dei consumatori, l’Unione Nazionale Consumatori, delegazione di Pomezia, ha ricevuto in questi giorni numerose segnalazioni da parte dei Cittadini residenti a Pomezia e nei comuni limitrofi (oltre 21) che lamentano disagi con il timore di danni concreti alla salute ricollegabili all’incendio. L’UNC intende far accertare le responsabilità civili e penali dei diretti responsabili, facendo accertare inerzie eventuali da parte delle Autorità Istituzionali, Comune di Pomezia, ASL, Polizia Locale. Il responsabile dell’associazione sul territorio pometino, l’Avv. Daniele Autieri, raccogliendo le istanze dei numerosissimi Cittadini, intende proporre un risarcimento collettivo. Inoltre, quando la questione approderà sul tavolo della magistratura, l’associazione ha già espresso la volontà di costituirsi parte civile.
L’Osservatorio nazionale amianto (ONA) ha seguito da vicino e fin dai primi istanti la vicenda dell’incendio attivando una rete di medici, tecnici e avvocati, per cercare di arginare le tremende conseguenze dello sprigionarsi degli agenti tossico-nocivi dal rogo. L’ONA rende noto che alcuni mesi prima del disastro, i cittadini avevano comunicato alle autorità l’esistenza di una situazione di rischio per la quale non era predisposta una efficace prevenzione.
Con la sua unità di crisi, L’Osservatorio sta rispondendo a tutte le richieste che i cittadini stanno avanzando, sia telefonicamente, che con email. “Riteniamo che un impianto di deposito di plastiche, carta e altri materiali riciclati andati a fuoco determinino danni gravissimi anche ove non ci fosse stato amianto e nel nostro caso, almeno per quanto ha dichiarato la ASL Roma 6, tale condizione di rischio è confermata. L’ONA rimane in prima linea per assistere i cittadini e le popolazioni colpite da questo disastro. Non ci riferiamo soltanto al rischio amianto, ma anche alle diossine e alle altre sostanze inquinanti e cancerogene”.
Il Dipartimento di Prevenzione dell’Osservatorio ha intanto diffuso alcune raccomandazioni importanti per chi si trova nelle strette vicinanze della zona interessata dalla nube:
- Uso di maschere, preferibilmente con FFP3;
- Divieto assoluto di mangiare frutta e verdura prodotta entro i 5 km dal rogo, e attenzione e quindi misure igieniche per tutti gli altri prodotti. Non sempre il solo lavare la frutta può essere sufficiente (il fatto che c’è stato vento e non la pioggia, potrebbe aver fatto disperdere le fibrille di amianto anche a distanze notevoli);
- Come pulire i terrazzi e balconi. La polvere depositata sui terrazzi e sui balconi potrebbe essere lavata con abbondante quantità d’acqua con sapone, tipo quello di Marsiglia. Converrebbe non impiegare la candeggina per questa operazione di pulizia.
- Per quanto riguarda i pozzi, se questi sono chiusi con apposita copertura, non vi dovrebbero essere entrate quantità rilevanti delle polveri dei fumi dell’incendio tanto da rendere rischioso l’uso dell’acqua. Nel caso contrario, se i pozzi sono aperti, è assolutamente sconsigliato berne l’acqua, e sarebbe opportuno segnalare il rischio in modo adeguato. Ovviamente, chiuderli ora non basterebbe in quanto sono stati esposti a inquinamento almeno da due giorni. Potrebbero anche essere eseguiti accertamenti sui flussi dell’acqua per constatare se, eventualmente, i pozzi sono stati inquinati attraverso la falda.
- Le istituzioni deputate ai controlli ambientali sarebbero tenute a monitorare le derive e gli spostamenti sia delle polveri di minerale (asbesto), sia dei composti nocivi che potrebbero essere stati generati dalla combustione di materiali organici in presenza del cloro (diossine), tenendo conto delle prevalenti direzioni dei venti. Queste entità metereologiche agiscono in modo avverso alla salute degli abitanti della zona interessata dall’incendio, favorendo l’aero-dispersione dei veleni su aree più ampie. Meglio sarebbe stato il contributo di detersione dato dell’acqua piovana, ma ciò non è programmabile.
- Per quanto riguarda gli accertamenti è importante mettersi nella zona corretta per il prelievo dei campioni da testare, in quanto, più lontano queste rilevazioni verranno fatte, meno veritieri potranno essere i risultati.