Università, lusso per pochi. Federconsumatori: si spendono da 9 mila a 17 mila euro l’anno
Udu e Federconsumatori hanno presentato il report sul costo degli studi all’università. Fino a oltre 17 mila euro di spese annue per uno studente fuorisede
“Studiare è sempre di più un lusso riservato a pochi, specialmente se si decide di farlo lontano dalla propria città di residenza”. È la denuncia che arriva dall’Unione degli Universitari (Udu) e da Federconsumatori che ieri hanno presentato il report “Universitari al verde” sul caro studi all’università. Il 17 novembre scenderanno in piazza per chiedere un diverso modello di istruzione, riportare al centro i problemi dei giovani e degli studenti, che hanno preso a dormire in tenda all’Università per denunciare i rincari degli alloggi e non solo.
Università, fino a 17 mila euro l’anno per gli studenti fuorisede
Il dato che emerge dal dossier è che in media uno studente spende per tasse universitarie, alloggio, pasti, trasporti (urbani ed extraurbani per chi è pendolare o fuorisede), materiale didattico e digitale, cultura, attività sociali, ricreative, sport e salute cifre abnormi: 9.379 euro annui se in sede, 10.293 euro annui se pendolare, 17.498 euro annui se fuorisede.
I fuorisede ogni anno spendono in media l’87% in più rispetto agli studenti in sede e il 70% rispetto agli studenti pendolari. A pesare in maniera determinante su tale differenza sono i costi degli alloggi, che ammontano in media a 5.220 euro annui (con forti differenze tra Nord e Sud).
«Abbiamo aggiornato – ha detto Alessia Polisini, esecutivo nazionale UDU – l’ultimo il nostro report sui costi dell’università in Italia ed è allarmante vedere come i costi medi abbiano avuto un incremento di circa 5mila euro. Analizzando studenti fuorisede, la voce che pesa di più è l’affitto, con una media di 435€ al mese. Seguono i pasti con 412€ e i costi legati a salute e benessere con 190€. Sullo studente pendolare, invece, rileviamo un costo dell’abbonamento mensile medio pari a 53€ al mese»
«Quello che colpisce sono le forti differenze territoriali – prosegue – Non solo tra regione e regione, ma anche tra città e città. Ad esempio, un pasto in mensa costa 5,48€ al Sud che diventano 7,40€ al Centro Italia. Ancora più evidenti sono le differenze sui trasporti ferroviari. Ci sono Regioni virtuose, come l’Emilia-Romagna, l’Umbria, il Lazio, la Campania e la Provincia di Trento, dove l’abbonamento annuale è molto conveniente e vede integrato anche il trasporto pubblico urbano. Le peggiori sono invece Piemonte, Lombardia e Sicilia con una differenza annuale di oltre mille euro, una differenza stratosferica e ingiustificabile. I fuorisede devono poi sborsare ogni anno 600€ per tornare a casa. Abbiamo anche stimato il costo del materiale didattico che varia dai 1930€ per Medicina ai 289€ richiesti a Matematica. Da calcolare anche l’acquisto di computer, su cui si registrano forti rincari».
Solo costi proibitivi che, denuncia Roberto Giordano, vicepresidente di Federconsumatori, alimentano disuguaglianze e rendono gli studi universitari un’opportunità riservata alle classi medio alte. Non solo: incidono sull’abbandono degli studi perché «solo il 28,3% della popolazione tra i 25 e i 34 anni riesce a conseguire un titolo universitario. Il tasso di abbandono è cresciuto raggiungendo il 14,5% nel 2021 ed è facile prevedere che sia destinato ulteriormente a salire, visto il forte incremento dei costi a carico delle famiglie per mantenere uno studente universitario. Le borse di studio stanziate finora non sono sufficienti a garantire l’accesso allo studio alla popolazione scolastica che ne avrebbe diritto: lo testimoniano i dati relativi agli idonei non beneficiari che nel 2022/23 ancora ammontano a 4.974. Mentre i costi crescono, rimane insufficiente il finanziamento del diritto allo studio, vero grande assente della manovra finanziaria».