Appello del gruppo Zero Mercury alle Nazioni Unite: "La consistente presenza a livello mondiale di metilmercurio nel pesce richiede una risposta significativa da parte dei governi e delle Nazioni Unite". Questo quanto chiede il Gruppo di Lavoro Internazionale Zero Mercury ai Governi mondiali che la prossima settimana si riuniranno a Nairobi per discutere lo sviluppo di un trattato vincolante sul mercurio. Secondo il rapporto "Mercurio nei pesci: un’emergenza sanitaria a livello globale" pubblicato dal Gruppo, il rischio è più alto per le popolazioni il cui consumo di pesce pro capite è elevato e nelle aree dove l’inquinamento ha aumentato il contenuto standard di mercurio in questo alimento. Ma i pericoli del metilmercurio riguardano anche i luoghi dove c’è un minore consumo ittico e i livelli medi di mercurio accumulato nei pesci sono relativamente bassi.

Il monitoraggio condotto ha evidenziato che la situazione più grave è in India, dove c’è una media pro capite di assunzione di pesce molto alta e livelli di mercurio nel pesce disponibile localmente elevati (25 delle 56 varietà analizzate contengono più di 0,5 mg/kg di mercurio, limite massimo consentito dagli standard internazionali). Non è migliore la situazione nelle Filippine, né in sei Paesi europei esaminati.
In Italia su 26 campioni analizzati solo in Europa, il pesce spada fresco pescato nel canale di Sicilia ha presentato i livelli di concentrazione di mercurio più elevati 1,6 mg/Kg e il tonno sempre proveniente dal canale di Sicilia ha superato, anche se di poco, il limite massimo consentito dagli standards internazionali di 0.5 mg/Kg.

"La contaminazione di pesci e mammiferi è una preoccupazione globale per la salute pubblica – ha dichiarato Michale Bender, co-autore del report e membro del Zero Mercury Workin Group -. Il nostro studio su pesci prelevati da diverse località del mondo ha mostrato che livelli di esposizione al metilmercurio accettati sono stati superati, spesso ampiamente, in ogni Paese e area interessati dall’indagine".

Di Zero Mercury fa parte anche Legambiente, che chiede di riconvertire entro il 2010 gli impianti clorosoda esistenti. "Gli impianti clorosoda, pur essendo una delle principali fonti di inquinamento da mercurio, sono ancora diffusi nel nostro Paese dove sono presenti ben 4 siti chimici che utilizzano tale tecnologia inquinante ed obsoleta – ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente – E’ fondamentale, pertanto, che la Commissione Aia del Ministero dell’Ambiente vincoli il rilascio delle nuove autorizzazioni alla riconversione alla tecnologia a membrana entro il 2010 e, nello stesso tempo, si intervenga presto con le bonifiche dell’inquinamento pregresso, causato da decenni di attività di questi impianti. Proprio per questo Legambiente chiede al Ministero di velocizzare gli interventi che devono essere ancora attuati da molte aziende".

LINK: Mercury Policy


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