Il condòmino non deve fornire prove documentali delle informazioni rese all’amministratore per la tenuta del “registro di anagrafe condominiale”. Può invece chiedere all’amministratore copia integrale, senza oscuramenti, degli atti e dei documenti bancari del conto corrente condominiale. Lo ha chiarito il Garante privacy in risposta ad alcuni quesiti rivolti da Confedilizia e da singoli cittadini sulle novità introdotte circa un anno fa dalla legge n. 220 del 2012, che ha modificato la disciplina del condominio.
Tra le tante novità della recente riforma del condominio c’e’ l’obbligo, infatti, per l’amministratore, di munirsi di determinati registri, tra cui il “registro dell’anagrafe condominiale” contenente -per ogni unità immobiliare- i dati catastali e le generalità dei proprietari e degli eventuali diversi titolari di diritti reali di godimento (uso, usufrutto, abitazione, etc.), nonché di eventuali conduttori (inquilini) di contratti di affitto; i dati comprendono anche il codice fiscale e la residenza -o domicilio- di ognuno. Se i dati in possesso dell’amministratore sono incompleti questi può chiederli al condomino inviandogli una richiesta formale, alla quale dev’essere data risposta entro 30 giorni; stessa cosa se l’inquilino non comunica l’eventuale variazione dei dati entro 60 giorni. In assenza di una risposta l’amministratore può procurarsi i dati da altre fonti, coinvolgendo anche terzi professionisti ed addebitando al condomino i costi.
L’Autorità ha ribadito innanzitutto che, in base alla disciplina privacy, l’amministratore può trattare solo informazioni pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità da perseguire. Può, dunque, acquisire le informazioni che consentono di identificare e contattare i singoli partecipanti al condominio – siano essi proprietari, usufruttuari, conduttori o comodatari – chiedendo le generalità comprensive di codice fiscale, residenza o domicilio. Può chiedere, inoltre, i dati catastali: la sezione urbana, il foglio, la particella, il subalterno e il Comune. Non può invece chiedere, perché risulterebbe eccedente, copia della documentazione: come, ad esempio, l’atto di compravendita in cui sono riportati i dati. Per quanto riguarda poi le informazioni relative alle “condizioni di sicurezza”, con l’entrata in vigore del “Decreto Destinazione Italia” i condòmini non dovranno più fornire alcuna informazione sulla propria unità immobiliare, perché i dati da raccogliere riguardano solo le parti comuni dell’edificio.
L’Autorità ha fornito ulteriori chiarimenti in merito al cosiddetto “conto condominiale”, che deve essere aperto e utilizzato dall’amministratore, e sul diritto di ciascun condomino di accedere alla relativa documentazione. In particolare, a seguito della riforma, il Garante ha chiarito che nonostante il conto sia intestato al condominio i singoli condòmini sono ora titolari di una posizione giuridica che consente loro di verificare la destinazione dei propri esborsi e l’operato dell’amministratore mediante l’accesso in forma integrale, per il tramite dell’amministratore,  ai relativi estratti conto bancari o postali.


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