Maternità, una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio (Foto Pixabay)

Maternità, una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio

Altro che festa della mamma. Maternità in Italia significa che una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio per l’impossibilità di conciliare lavoro e vita familiare e per ragioni economiche. Tradotto: se il nido costa quanto uno stipendio, e su quello della donna pesa il gender pay gap, si è costrette a rimanere a casa

Una donna su cinque lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio per l’impossibilità di conciliare lavoro e vita familiare e per ragioni economiche. Il gender pay gap, la disparità salariale, si accentua per le madri. E questa situazione porta le donne a sacrificare stipendio, lavoro e indipendenza economica “a favore del breadwinner, colui che porta a casa la fetta più grande della pagnotta”. L’espressione non è di chi scrive ma della ricerca fatta da Unicusano, che in occasione della festa della mamma ha messo insieme una serie di dati per evidenziare quanto le donne e madri siano penalizzare nel mercato del lavoro e nella gestione delle responsabilità familiari.

Le mamme non vanno festeggiate, vanno aiutate

Le mamme non vanno festeggiate, vanno aiutate. Le madri a lavoro non vanno penalizzate, vanno pagate. Il lavoro di cura va distribuito meglio in famiglia – è un dato culturale e non innato, questo spostamento di tutto quello che riguarda casa e cura familiare sulle spalle delle donne. E vanno aumentati i servizi a disposizione, che non siano quelli tutti privati del welfare familiare che premia chi ha nonni-genitori-fratelli&sorelle-cugine&amiche dietro casa, nello stesso quartiere, possibilmente nello stesso pianerottolo.

In occasione della festa della mamma, che piace un po’ a tutti, piace ancor di più a noi mamme (sic est) e ancora di più a chi sta cercando di costruire sulla maternità uguale angelo del focolare di un passato che fu la propria carriera politica, vale forse la pena di ricordare cosa significa per una donna diventare madre. La gioia più immensa della vita. Insieme all’abbandono del lavoro per una donna su cinque.

A mettere nero su bianco qualche dato, mettendo insieme fonti diverse, è appunto l’università Unicusano che ha realizzato una semplice infografica su donne, lavoro e gender gap, analizzando le disparità di genere del mondo professionale e l’impatto della maternità sulla vita lavorativa di mamme e neomamme. Che sono costrette, molto spesso, a rassegnare le proprie dimissioni per i ridotti servizi all’infanzia, precariato, occupazione ridotta, bassi salari e prevalenza del part-time.

Ancora oggi in Italia una donna su cinque lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio (è fra l’altro quanto ricorda Save the Children col suo report sulle mamme equilibriste).

Ed è costretta a farla soprattutto per l’impossibilità di conciliare lavoro e vita familiare (52%) o per considerazioni economiche interne alla famiglia (19%).

Che tradotto significa: se il nido costa metà dello stipendio della madre, che già è in media più basso di quello maschile, la donna rinuncia a lavorare e rimane a casa. Se la baby sitter costa quasi quanto uno stipendio, di solito il secondo in famiglia in ordine di grandezza, a quel secondo stipendio si rinuncia. Se non c’è welfare dei nonni per risparmiare sul doposcuola a pagamento, salta anche il doposcuola.

Il gender pay gap

Sulle donne e sulle madri pesa poi il gender pay gap, la disparità salariale.

“Sono le madri, infatti, a veder diminuire il proprio stipendio fino al 35% dopo 24 mesi dalla nascita del primo figlio, soprattutto se questa è avvenuta prima dei 30 anni e in mancanza di un contratto a tempo indeterminato al momento del parto – ricorda Unicusano – Numeri che aumentano all’aumentare dell’età dei figli: 15 anni dopo aver ascoltato il primo vagito, una madre lavoratrice assiste a un tracollo del proprio salario lordo del 53%. Si chiama “motherhood penalty“, un fenomeno che contribuisce a perpetuare il divario salariale tra donne con figli e donne senza figli, rendendo difficile per le madri mantenere l’indipendenza economica e la presenza sul mercato del lavoro”.

La differenza di retribuzione si può fotografare con altri dati: è come se le donne lavorassero gratuis fino all’11 febbraio di ogni anno. La disparità cresce con l’età e l’esperienza, portando a una differenza del 43% nella retribuzione complessiva tra uomini e donne in Italia.

Maternità significa capacità organizzativa, empatia e problem solving

“Eppure le skills acquisite con un figlio sono tante: capacità organizzative, gestione dello stress, problem solving, affidabilità, empatia, motivazione sul lavoro, e lo stipendio medio ipotetico ancora di più (circa 8.000 euro al mese)”, dice Unicusano.

A volerlo monetizzare (cosa che non ci piace, ma in questo caso l’analisi rende bene l’idea) il lavoro di una madre vale migliaia di euro al mese.

È stimato in 8 mila euro al mese, dice Unicusano, lo stipendio che le mamme percepirebbero se il lavoro di cura fosse stipendiato, considerando le attività svolte in qualità di autista, chef a domicilio, infermiera, insegnante di ripetizione, animatrice, psicologa, nutrizionista, colf e mediatrice (sono tutte attività pagate dai 15 ai 70 euro l’ora).

Le donne vanno messe in condizione di essere madri. E l’Italia, su questo, è davvero indietro.


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