Clima, la Cop 25 si chiude con un flop. Tutto rimandato, ancora
Tutto rimandato al prossimo anno. Si è chiusa con una fumata nera la Conferenza sul clima di Madrid. Nonostante le istanze dei giovani e della società civile, si è persa ancora un’occasione per un’azione ambiziosa sul cambiamento climatico
La Cop 25 di Madrid si è chiusa con un flop. Tutto rimandato al prossimo anno. Due giorni di negoziati in più non sono bastati. Soprattutto non è bastato l’impeto arrivato dalle piazze negli ultimi mesi, con milioni di giovani del movimento Fridays for Future che rivendicano la necessità di agire contro il cambiamento climatico e di farlo ora.
La conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico si è invece chiusa con una fumata nera sul nodo più contestato, l’articolo 6 dell’Accordo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio. Si rinvia ancora, alla prossima Cop del 2020, quando i paesi più ricchi dovranno indicare di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra – e questo è uno dei pochi passi avanti che sono stati fatti alla Conferenza, perché sarà un obbligo.
Per il resto c’è una grande delusione, accentuata forse proprio dalla speranza che le mobilitazioni per il clima potessero rappresentare una spinta in più per un’azione politica più ambiziosa e incisiva. Speranza invece delusa.
I am disappointed with the results of #COP25.
The international community lost an important opportunity to show increased ambition on mitigation, adaptation & finance to tackle the climate crisis.
But we must not give up, and I will not give up.
— António Guterres (@antonioguterres) December 15, 2019
Guterres: si è persa un’occasione importante
Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si è detto deluso dai risultati della conferenza. «La comunità internazionale ha perso una opportunità importante per mostrare maggiore ambizione in materia di mitigazione, adattamento e finanza per affrontare la crisi climatica – ha scritto in un tweet – Ma non dobbiamo arrenderci, e io non mi arrenderò».
“Terminamos con sensaciones encontradas. Con esperanza de que juntos podemos lograr grandes cosas, como lo hizo Chile con España sacando esta COP en tiempo record. Pero aún no están los consensos para aumentar la ambición en los niveles que necesitamos”, dijo la Presidenta #COP25 pic.twitter.com/iass2wpWmk
— COP25 (@COP25CL) December 15, 2019
Greenpeace: esito inaccettabile
Parole molto dure arrivano da Greenpeace, per la quale i progressi attesi dalla Cop 25 sono stati ancora una volta «compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto».
«Durante questo meeting la porta è stata letteralmente chiusa a valori e fatti, mentre la società civile e gli scienziati che chiedevano la lotta all’emergenza climatica venivano addirittura temporaneamente esclusi dalla COP25 – spiega l’associazione – Invece, i politici si sono scontrati sull’”Articolo 6” relativo allo schema del commercio delle quote di carbonio, una minaccia per i diritti dei popoli indigeni nonché un’etichetta di prezzo sulla natura. Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica».
Per Jennifer Morgan, Direttrice Esecutiva di Greenpeace International, «i governi devono ripensare completamente il modo con cui conducono queste trattative, perché l’esito di questa COP è totalmente inaccettabile. La COP25 era stata annunciata come un appuntamento “tecnico”, ma è poi diventata qualcosa in più di un negoziato. Ha messo in luce il ruolo che gli inquinatori rivestono nelle scelte politiche e la profonda sfiducia dei giovani nei confronti dei governi. C’era necessità di decisioni che rispondessero alle sollecitazioni lanciate dalle nuove generazioni, che avessero la scienza come punto di riferimento, che riconoscessero l’urgenza e dichiarassero l’emergenza climatica. Anche per l’irresponsabile debolezza della presidenza cilena, Paesi come Brasile e Arabia Saudita hanno invece fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile».
Insomma, l’accordo di Parigi rischia di rimanere vittima delle “economie del carbonio” di Paesi che, spiega Greenpeace, sono «dalla parte sbagliata della lotta e della storia».
Legambiente: ai governi è mancato il coraggio
Legambiente richiama la necessità che un ruolo di primo piano venga rivendicato dall’Unione europea.
Dice Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente: «A Madrid ai governi è mancato il coraggio di rispondere con impegni concreti ai milioni di cittadini, soprattutto giovani, scesi nelle piazze di tutto il mondo per chiedere un’azione forte e immediata per fronteggiare l’emergenza climatica. L’assenza di una forte leadership dell’Europa non ha consentito un accordo tra le maggiori economie del pianeta per aumentare entro il 2020 gli attuali impegni di riduzione delle emissioni al 2030, in coerenza con la soglia critica di 1.5°C prevista dall’Accordo di Parigi. I prossimi mesi saranno cruciali».
Per Legambiente l’Europa deve arrivare al vertice Ue-Cina in programma il prossimo settembre con una proposta in grado di spingere la Cina a sottoscrivere un accordo ambizioso per la prossima Conferenza, la Cop26 di Glasgow.
WWF: il 2020 deve essere un anno di svolta
Alla Cop 25 hanno fatto sentire il loro peso i paesi più forti e inquinanti. Per il WWF paesi quali Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Brasile, Arabia Saudita e non solo «si sono sottratti alla loro responsabilità di ridurre le emissioni di gas serra, bloccando progressi significativi a Madrid».
«Nonostante le accese richieste di azione immediata per il clima da parte dei Paesi vulnerabili, della società civile e di milioni di giovani di tutto il mondo, i grandi responsabili delle emissioni di CO2 hanno ostacolato gli sforzi per accelerare la marcia e mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C – commenta l’associazione – Sebbene questa conferenza fosse stata definita come la “COP dell’ambizione”, a Madrid è stata evidente la mancanza della volontà politica necessaria a rispondere alle indicazioni della comunità scientifica».
Per Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, il prossimo anno dovrà segnare il cambiamento.
«Se vogliamo cercare di limitare il riscaldamento globale e i suoi effetti devastanti sappiamo cosa deve essere fatto e non abbiamo più tempo per cincischiare. Il 2020 dovrà essere un anno di svolta e noi lotteremo ancora di più per le persone e la natura. I governi – dice Midulla – torneranno a casa e dovranno affrontare le crescenti frustrazioni dei movimenti giovanili, dei cittadini e delle comunità vulnerabili che soffrono a causa della crisi climatica, e dare loro una risposta».