HC Istruzioni per l’uso. Perché ridurre il consumo di bottiglie in plastica
“Per la rubrica “HC Istruzioni per l’uso”, oggi ospitiamo il contributo inviatoci dall’azienda tedesca Trade Machine sul consumo dell’acqua in bottiglia e l’impatto della produzione del PET sull’ambiente”.
Con 178 miliardi di litri, l’Italia è la prima nazione europea per consumo di acqua in bottiglia. Solo nello scorso anno ne abbiamo bevuta una quantità tale da riuscire a riempire per 8 volte un edificio grande quanto il Colosseo.
A livello mondiale, i dati dimostrano una tendenza verso un consumo tendenzialmente in crescita di acqua imbottigliata che è passato da circa 100 miliardi di litri nel 2000 a 288 miliardi nel 2014 e per il 2050 si prevede di raggiungere quota 600 miliardi di litri. Tutto questo a fronte di un costo 1.000 volte superiore rispetto all’acqua potabile a cui abbiamo accesso semplicemente aprendo il rubinetto.
Oltre ai costi monetari che pesano sul portafoglio di ogni consumatore, vi è un altro aspetto da non sottovalutare quando si parla di acqua in bottiglia: l’impatto della produzione del PET sull’ambiente.
Il PET è infatti tra i materiali più utilizzati per l’imbottigliamento a scopo alimentare, da quando nel ’73 venne brevettato per la conservazione in bottiglia della soda. La sua produzione non è però a costa zero per l’ambiente. Si calcola infatti che per realizzare una sola bottiglia di plastica da 1 litro occorrano 100 ml di petrolio, 80 g di carbone, 42 litri di gas naturale e 2 litri d’acqua. La sua indubbia praticità perciò si scontra con una produzione di CO2 annua che per essere compensata avrebbe bisogno di una foresta delle dimensioni della Gran Bretagna. Un dato che la dice lunga sulla criticità del problema.
Le proposte finora avanzate, dall’alga commestibile per imbottigliamento alla grande rete per la pulizia dell’oceano, non hanno ancora trovato una risoluzione definitiva, che molto probabilmente è più vicina ad un atto preventivo e ad una riduzione dei consumi.
Se si potesse ridurre il consumo di PET, a fronte di un maggior utilizzo dell’acqua del rubinetto, si potrebbe infatti invertire la rotta. In tempi recenti molte aziende iniziano a porsi queste domande – tra le ultime la tedesca TradeMachines che ha riportato i dati che abbiamo citato in una recente infografica.
Sono molte, inoltre, le iniziative nate per informare i consumatori. L’obiettivo è quello di utilizzare maggiormente risorse locali, l’acqua corrente in questo caso, onde evitare effetti sull’ambiente derivanti da un ulteriore accumulo di plastica nelle discariche (e negli oceani) e da emissioni prodotte durante la lavorazione e il trasporto delle bottiglie.
Con questo non si intende demonizzare il PET o la bottiglia in plastica come bene di consumo, data la sua utilità in zone prive di accesso ad acqua potabile, ma incentivare un consumo più responsabile di questo materiale. Il tutto affinché le prossime generazioni possano godere di un pianeta sano, non deturpato da decenni di abusi ambientali.
In Sicilia è partita la campagna Bevi Meno Plastica per sensibilizzare sui rischi per la salute del consumo di acqua in plastica conservata male. Un partner della campagna A2D Analisi Acqua a Domicilio (www.aduedi.it) ha analizzato ed analizzerà l’acqua della scuola per dare una alternativa sicura ed eco sostenibile all’acqua in bottiglia. Maggiori informazioni su http://bevimenoplastica.microbeco.org/