La Commissione europea sta per pubblicare un progetto di direttiva che prevede l’introduzione obbligatoria in tutte le grande aziende europee quotate in borsa di prevedere un minimo del 40 per cento di donne nei consigli di amministrazione. La proposta verrà presentata ufficialmente dalla Commissaria Ue alla Giustizia, la lussemburgese Viviane Reding, nel mese di ottobre. Guidati dalla Gran Bretagna, altri otto Paesi europei hanno scritto al presidente della Commissione europea  José Manuel Barroso opponendosi a questa decisione. Secondo questi Paesi, si tratta di una illegittima intromissione di Bruxelles in affari nazionali. Ad oggi la percentuale delle donne nei Cda delle grandi aziende è al 13,7 per cento (6,7 per cento in Italia).
Grandi aziende europee, la Commissione europea vuole il 40 per cento di donne. Secondo quanto trapela dalla proposta di direttiva Ue che verrà presentata il mese prossimo dalla Commissione europea, Bruxelles vuole imporre una quota del 40 per cento di donne nei consigli di amministrazione delle imprese quotate entro il 1 gennaio 2020. Secondo Eurostat, l’Ufficio di statistiche dell’Ue, ad oggi la media europea è del 13,7 per cento. Nelle intenzioni della Commissione, le imprese pubbliche dovrebbero applicare la nuova regola entro il 1 gennaio 2018 ma solo per quanto riguarda gli “amministratori non esecutivi”. Non sono comprese le piccole e medie imprese con meno di 250 impiegati e un fatturato inferiore ai 50 milioni annui. Nel 2011 la Commissaria Reding aveva provato con l’inziativa “Women on the Board Pledge for Europe” a incentivare l’aumento volontario delle donne nei board delle grandi aziende fissando come obiettivi il 30 per centro entro il 2015 e il 40 per cento entro il 2020. Ma un anno dopo, solo 24 compagnie avevano aderito all’iniziativa.
Poche le donne nei Cda delle aziende che contano in Europa, pochissime in Italia. Secondo dati della Commissione europea di marzo 2012, le donne nei consigli d’amministrazione delle aziende che contano del settore privato sono poche, in media al 13,7 per cento. In Italia il gap di genere è particolarmente alto, con un mero 6,7 per cento delle presenze femminili (posizione sestultima in Europa, peggio va in Malta, Cipro, Ungheria, Lussemburgo e Portogallo). In Nord Europa le situazioni più “rosa”, con la Finlandia, dove le donne-capo sono il 27 per cento, la Lettonia (26 per cento) e la Svezia (25 per cento). In Norvegia, Paese non Ue ma all’interno dello spazio economico europeo e di Schengen) si arriva addirittura al 43 per cento. Differenza che è rispecchiata anche nella differenza di salario con i colleghi uomini, al 5,5 per cento. Peggio di noi, dal punto di vista retributivo, fanno Estonia (28 per cento), Austria (25,5 per cento) e Germania (23,1).
Nove Paesi europei non ci stanno: intromissione dell’Ue in affari interni. Dopo le prime proteste della Gran Bretagna, nove Paesi hanno scritto una lettera di protesta al presidente della Commissione europea lamentando un’intromissione di Bruxelles in affari strettamente nazionali. Si tratta di Gran Bretagna, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta e Olanda. “E’ prima di tutto e soprattutto compito dei Paesi membri di mettere a punto un loro approccio nazionale per raggiungere questo obiettivo – si legge nella lettera – Gli sforzi dei diversi Paesi europei meritano di beneficiare di più tempo per capire se possono raggiungere una più giusta partecipazione delle donne al processo decisionale nei consigli di amministrazione”.
“Non abbiamo bisogno di regole europee”. Lo ha detto il ministro per la famiglia tedesco Kristina Schroder, secondo la quale “la Germania sta facendo bene anche senza alcuna interferenza di Madame Reding”. Favorevole, invece, Ursula Gertrud von der Leyen, ministro del lavoro tedesco che vede nelle quote rosa un’opportunità: “Se i Paesi europei vogliono mantenere la loro competitività, allora devono avere più donne nei loro vertici”.
“Le quote rosa non suscitano il mio entusiasmo, ma i risultati mi piacciono”. Lo ha detto a più riprese la Commissaria Ue Viviane Reding responsabile per il settore pari opportunità. “E’ ora di infrangere quel soffitto di cristallo che in Europa continua ad ostacolare l’ascesa di donne di talento ai vertici delle società quotate in Borsa”.
Prossimi passi. La proposta della Commissione europea verrà presentata a Bruxelles il prossimo ottobre dove inizierà poi il procedimento legislativo con Parlamento e Consiglio. Visto che in sede di Consiglio ci vorrà la maggioranza qualificata e vista l’opposizione di nove Paesi, la sua entrata in vigore non sarà facile. I voti di ciascuno Stato membro non hanno uguale peso, perché le votazioni avvengono con il sistema del voto ponderato, che attribuisce un valore diverso a ciascuno Stato a seconda del numero dei suoi abitanti, con una correzione di questo criterio a favore degli Stati meno popolati.
 
@AlessioPisano


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