Il diritto alla salute deve essere uguale per tutti i bambini. Invece così non accade in Italia, dove crescere al Sud “è un percorso ricco di ostacoli” e il divario in termini di sviluppo, opportunità e povertà, non solo materiale ma intesa anche come carenza di servizi, pesa moltissimo sull’infanzia: circa 1 milione e mezzo di bambini  nel Mezzogiorno vive in una condizione di povertà relativa o assoluta, 359mila bambini  sono privi del minimo necessario per sopravvivere, e questo dato è più del doppio che nel resto del Paese. Si tratta di “una povertà  non solo economica, ma che interessa le relazioni e l’accesso ai servizi come la scuola, lo sport o la salute. Crescere al Sud è ancora un percorso ricco di ostacoli”. Ad affermarlo è la Società Italiana di Pediatria, a congresso nazionale a Roma.
Le differenze cominciano prima di nascere, ricordano i pediatri: un bambino del sud ha maggiori probabilità di nascere da taglio cesareo piuttosto che da parto fisiologico. La media nazionale del 31,9% è abbondantemente superata da Campania (54,3%), Basilicata (46,5%), Sicilia (42%).  Gli svantaggi continuano quando si passa all’asilo nido: in Italia solo un bambino su 10 tra gli 0 e i 3 anni frequenta un nido, ma nel Sud la percentuale è 4 volte inferiore e raggiunge livelli minimi in Calabria e Campania, dove il nido pubblico è una possibilità per 2 bambini ogni 100.
Aggiungono i pediatri: “Povertà,  carenze di scuole e strutture per impegnare in maniera sana il tempo libero rendono molti ragazzini facile preda della criminalità organizzata e dello sfruttamento lavorativo”.
Condizioni di povertà non solo economica, ma intesa anche come mancanza di istruzione, di servizi, di opportunità e informazione, influenzano lo stato di salute anche nell’età adulta, attraverso un diverso accesso ai servizi sanitari e a diverse abitudini di vita. Sostengono Antonio Correra, vicepresidente della Società Italiana di Pediatria e Paolo Siani, Presidente dell’Associazione Culturale Pediatri: “Si è osservato che i bambini provenienti da situazioni economico- sociali svantaggiate presentano maggiori percentuali di ricoveri inappropriati, minor accesso ai programmi vaccinali, ma anche maggiori possibilità di assumere abitudini di vita e modelli comportamentali errati, come fumo e cattiva alimentazione, e di subirne in età adulta le conseguenze. La condizione sociale influenza fortemente l’accesso ai servizi sanitari – continuano Correra e Siani – Sono infatti bambini che vivono in condizioni di basso livello socioculturale a richiedere più visite al Pronto Soccorso e a essere ricoverati. Molte delle consultazioni sono causate da problemi banali e questi bambini sono soggetti a un eccessivo numero di test di laboratorio e radiologici”.
In tema di vaccinazioni, una notizia positiva c’è e arriva, spiega la Sip, dal nuovo Piano Nazionale di Prevenzione vaccinale 2012-2014: i vaccini entrano nei LEA (livelli minimi di assistenza) e ciò farà sì che anche in Italia tutti i bambini avranno diritto alle stesse vaccinazioni, superando le disparità da Regione a Regione.


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