Istruzione: condizione fondamentale per vivere meglio. Come sta l’Italia? Migliora ma la situazione è ancora lontana rispetto alla media europea. Fra le note dolenti, c’è l’alta percentuale di quindicenni che non raggiunge la soglia minima delle competenze ritenute necessarie per potersi orientare negli studi e nella vita. In Italia ci sono poi tanti Neet, giovani che non studiano e non lavorano: in questa condizione si trova oltre un giovane su quattro.

Fra gli obiettivi stabiliti dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile c’è quello di “assicurare un’istruzione di qualità, equa ed inclusiva, e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti”. L’istruzione di qualità è importante perché rappresenta spesso la pre-condizione per stare meglio nella vita: una buona istruzione di solito si associa a minor rischio di povertà, a un’alimentazione più sana, a una speranza di vita più alta. Come sta l’Italia? Migliora ma rimane indietro rispetto alla media europea, dice l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis).

“Da un’osservazione complessiva dei dati relativi all’Italia per il periodo compreso tra l’autunno del 2016 e la prima metà del 2017 emerge un miglioramento riguardo l’aumento del tasso di completamento degli studi terziari per i 30-34enni, salito al 26,2% dal 25,3% dell’anno precedente, e la diminuzione dal 14,7% al 13,8% della quota di uscite precoci dal sistema di istruzione e formazione dei 18-24enni – sottolinea l’Alleanza – Continua, però, l’allarme circa l’elevata quota (tra il 15% e il 25%) di quindicenni che non raggiunge la soglia minima delle competenze giudicate indispensabili per potersi orientare negli studi, sul lavoro e più in generale nella vita; e continua anche la presenza di crescenti divari di genere nelle materie scientifiche e in matematica”.

Su alcuni target l’Italia ha fatto passi avanti. “Entro il 2030, assicurarsi che tutte le ragazze e i ragazzi abbiano accesso a uno sviluppo infantile precoce di qualità, alle cure necessarie e all’accesso alla scuola dell’infanzia, in modo che siano pronti per l’istruzione primaria”: su questo obiettivo, si segnala che nel 2017 è stato approvato il d. l. 107/15 che prevede l’istituzione di un sistema integrato per i servizi educativi e di istruzione per i bambini dalla nascita fino a 6 anni. In questo caso, attenzione va data alla situazione dei nidi. Si legge nel Rapporto dell’Asvis: “Per educare nei nidi servirà una qualifica universitaria, testimonianza di un’attenzione alla qualità dei progetti educativi anche per i bambini più piccoli. I nodi, complessi, da affrontare restano il coordinamento delle molteplici competenze (Enti locali, Regioni, Stato) e un riequilibrio della distribuzione territoriale dei servizi offerti: al momento, intere aree del Paese ne sono ancora sprovviste, nonostante la presenza in altre aree di eccellenze riconosciute sulla scena internazionale”.

Altri passi avanti si segnalano con l’approvazione della legge 47/2017: si ribadisce che tutti i minori stranieri, anche se privi di titolo di soggiorno, hanno il diritto di essere iscritti alle scuole di ogni ordine e grado, e sono soggetti all’obbligo scolastico. Allo stesso tempo è però ferma al palo la riforma della cittadinanza.

L’Asvis sottolinea inoltre come fattore positivo il riconoscimento dell’importanza dell’educazione allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale: uno specifico stanziamento per progetti di Educazione alla Cittadinanza Globale è stato previsto sia nel 2016 sia nel 2017 dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Il quadro però è ancora a luci e ombre. Basti citare due dati dell’Ocse: solo il 18% degli italiani (fra 25 e 64 anni) è laureato, la metà della media Ocse. In Italia c’è poi un’alta percentuale di giovani fra i 15 e i 29 anni che non lavora e non è iscritta a percorsi di formazione (Neet): sono il 26%, quasi il doppio della media Ocse (14%).

Cosa fare per garantire un’istruzione di qualità a tutti? Per Asvis vanno rafforzate le competenze di base sia per i giovani sia per gli adulti, bisogna contrastare la dispersione e l’abbandono degli studi, compresi quelli universitari, e migliorare l’inclusione sociale in tutti i percorsi di istruzione e formazione.

Il quadro di un paese che deve migliorare è del resto confermato dal Rapporto Ocse Skills Strategy Dignostic Report sull’Italia pubblicato oggi. Per l’Ocse “sono necessari maggiori interventi per migliorare la qualità dell’insegnamento e colmare il divario dei risultati formativi tra le regioni. L’azione volta ad aumentare l’accesso all’istruzione terziaria è fondamentale, soprattutto per gli studenti delle famiglie più disagiate: in Italia, la percentuale di giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni con un livello di istruzione universitario è solo del 20%, a fronte di una media Ocse del 30%.” Circa un giovane su quattro (tra i 15 e i 29 anni) non lavora, non studia né partecipa a un percorso di formazione (Neet) e questa è la seconda proporzione più alta dell’Ocse.

“Per incoraggiare un numero maggiore di adulti a rafforzare le loro competenze – dice l’Ocse – è anche necessario aumentare la disponibilità di programmi di apprendimento a distanza e part-time, e favorire un migliore accesso ai servizi per l’infanzia per permettere di coniugare impegni familiari e lavorativi. Sarebbe inoltre opportuno introdurre dei sussidi per la formazione degli adulti con un basso livello di qualifica”.

 

@sabrybergamini

 

Notizia pubblicata il 05/10/2017 ore 17.22


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