Povertà in Italia, Caritas: fenomeno strutturale e in aumento
La povertà in Italia è strutturale, multidimensionale, e riguarda persone che hanno bisogni diversi. Nel 2022 le persone supportate dai centri Caritas sono aumentate del 12,5%
La povertà in Italia è strutturale, multidimensionale, e riguarda persone che hanno bisogni diversi. Talvolta è soprattutto deprivazione materiale. Altre volte è una combinazione di più fragilità che porta alla marginalità sociale. La povertà in Italia è in aumento e i timori di un peggioramento, dopo le crisi che si sono susseguite dal 2008 e ora con gli effetti disuguali dell’inflazione, sono fondati.
Ad accendere di nuovo i riflettori sul fenomeno della povertà e sui suoi aspetti multidimensionali è il Report “La povertà in Italia secondo i dati della rete Caritas”, che parte dai dati raccolti nei Centri di ascolto e nei servizi offerti dalle Caritas diocesane e disegna anche un profilo degli assistiti e delle diverse realtà della povertà.
Povertà in Italia, “fenomeno strutturale”
“La povertà in Italia può ormai dirsi un fenomeno strutturale visto che tocca quasi un residente su dieci, il 9,4% della popolazione residente vive infatti, secondo l’Istat, in una condizione di povertà assoluta”, evidenzia la sintesi del rapporto Caritas.
Solo solo quindici anni fa il fenomeno riguardava appena il 3% della popolazione, spiega il report statistico nazionale 2023, e questo fa comprendere l’impatto enorme che in Italia hanno avuto le crisi globali, dal crollo di Lehman Brothers alle crisi del debito, dalla pandemia alla guerra in Ucraina. Ci sono 5milioni 571mila persone in stato di povertà assoluta.
La povertà secondo l’Osservatorio Caritas
“Nel 2022, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati (complessivamente 2.855) le persone incontrate e supportate sono state 255.957. Rispetto al 2021 si è registrato un incremento del 12,5% del numero di assistiti, in gran parte legato alla crescita delle persone di cittadinanza ucraina accolte dalla Chiesa in Italia”.
Tuttavia, prosegue la Caritas, “se si esclude “l’effetto guerra” il trend rispetto all’anno precedente è comunque di crescita, ridimensionata però ad un + 4,4%”.
Complessivamente l’incidenza delle persone straniere si attesta al 59,6% (era al 55% nel 2021) con punte che arrivano al 68,6% e al 66,4% nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est. Non si tratta sempre di nuovi poveri: quasi il 30 per cento delle persone è infatti accompagnato da più di 5 anni. A chiedere aiuto sono donne (52,1%) e uomini (47,9%). L’età media dei beneficiari si attesta a 46 anni. Complessivamente le persone senza dimora incontrate sono state 27.877 (+ 16% rispetto al 2021), pari al 16,9% del totale.
C’è una forte relazione fra povertà e bassa scolarità: i due terzi dell’utenza è sbilanciato su livelli di istruzione bassi o molto bassi. Attenzione però: “Rispetto al 2021 cresce leggermente la percentuale di chi può contare su titoli di studio più elevati (diploma superiore o laurea), segnale di una povertà che diventa in qualche modo sempre più trasversale”.
La condizione professionale, spiega il rapporto, racconta molto della “fragilità post pandemica”.
“A chiedere aiuto sono per lo più persone che fanno fatica a trovare un lavoro, disoccupati o inoccupati (48,0%) ma anche tanti occupati, working poor o lavoratori poveri su base familiare, che sperimentano condizioni di indigenza (22,8%)”.
La povertà è multidimensionale
Un altro aspetto sottolineato dalla Caritas è la multidimensionalità della povertà in Italia, che dipende dunque da più ragioni. Non solo bisogno di lavoro o di casa ma anche problemi familiari e stato di salute.
“Nel 2022 appare sempre più marcato il peso delle povertà multidimensionali: nell’ultimo anno il 56,2% dei nostri beneficiari ha manifestato due o più ambiti di bisogno (la percentuale si attestava al 54,5% nel 2021). In tal senso prevalgono, come di consueto le difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, i bisogni occupazionali e abitativi; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità di coppia), le difficoltà legate allo stato di salute (disagio mentale, problemi oncologici, odontoiatrici) o ai processi migratori”.
Chi sono i poveri assistiti dalla Caritas
La Caritas va oltre rispetto all’analisi dei dati e definisce alcuni cluster di povertà, tracciando 5 profili di beneficiari Caritas con dei tratti sociali specifici. I gruppi sono i vulnerabili soli, le famiglie povere, i giovani stranieri in transito, i genitori fragili e i poveri soli.
Vulnerabili soli: sono soprattutto uomini, tra i 35 e i 60 anni, che vivono soli. Solo celibi o divorziati, più di uno su tre senza dimora. Esprimono bisogni in ambiti diversi (casa, salute, problemi di immigrazione, problemi familiari, solitudine, abusi, maltrattamenti, problemi legati all’ambito detenzione e giustizia). Quasi uno su dieci manifesta problemi connessi alle dipendenze.
Le famiglie povere: sono soprattutto donne adulte, coniugate (i due terzi), con figli (82,7%), spesso minori conviventi. Sono nuclei familiari di 2-4 persone, con un’incidenza di stranieri di poco superiore alla media. È alta la quota di lavoratori poveri: uno su tre risulta infatti occupato. Presentano bisogni per lo più legati alla sola povertà economica.
Giovani stranieri in transito: sono giovani uomini stranieri, con un’età media di 25 anni, in maggioranza celibi. Uno su due è di nazionalità africana. Sono persone che si concentrano al confine italo-francese nel tentativo di raggiungere altri paesi europei, e trovano assistenza in particolare nella diocesi di Ventimiglia.
I genitori fragili: sono in particolare genitori di età compresa tra i 35 e i 60 anni, per lo più di genere femminile. Quasi sempre hanno figli minori conviventi, con una maggiore incidenza di persone di cittadinanza italiana. Esprimono bisogni multipli come problemi abitativi, familiari, di salute e lavoro.
I poveri soli: sono soprattutto uomini, per lo più tra i 35 e i 65 anni, di età media più alta rispetto agli altri cluster; vivono soli e presentano una elevata incidenza di celibi, separati/divorziati, vedovi e pensionati. Sono quasi sempre senza figli. Sono presenti in prevalenza al Nord-Ovest (due su tre) o nelle regioni tirreniche del Centro. Quasi la metà di essi vive in grandi città, uno su due presenta solo bisogno di povertà.
La povertà si differenzia sulla base delle caratteristiche del nucleo familiare e della dicotomia fra la deprivazione materiale, presa da sola, e situazioni con più bisogni e fragilità. Il risultato è una diversa “marginalità sociale” che va da condizioni di basso rischio per le famiglie che soffrono di “sola deprivazione materiale” e situazioni molto più complesse e con più fragilità, come quelle dei vulnerabili soli.