Istat, ad agosto ancora deflazione. AACC: uscire da situazione di stallo
L’Italia è ancora in deflazione: l’Istat conferma la stima preliminare sui prezzi ad agosto, con un calo dello 0,1% su base annua, dovuto soprattutto all’abbassamento dei prezzi dei servizi di comunicazione (-1,4%) e dei trasporti. L’indice dei prezzi al consumo registra un aumento dello 0,2% su base mensile. Consumatori preoccupati per la fase di stallo del Paese.
“E’ il settimo mese consecutivo di deflazione, ma non per chi va a fare la spesa di tutti i giorni. Il carrello della spesa passa dal +0,4% di luglio al +0,6% di agosto, con un balzo, in un solo mese, del 50%” commenta l’UNC. “Anche i beni ad alta frequenza di acquisto invertono la rotta, passando da -0,1% a +0,1%. Un fatto grave, considerato che i consumi sono ancora fermi” afferma Massimiliano Dona, Segretario dell’UNC.
Secondo i calcoli dell’Associazione, l’incremento dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, ossia del cosiddetto carrello della spesa, pari allo 0,6%, significa pagare, in termini di aumento del costo della vita, per una tradizionale famiglia, una coppia con 2 figli, 71 euro in più su base annua. Per la sola spesa di tutti i giorni, una coppia con 1 figlio pagherà 64 euro in più, un pensionato con più di 65 anni sborserà 33 euro, 29 euro un single con meno di 35 anni, 43 euro una coppia senza figli con meno di 35 anni.
L’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica dei capoluoghi di regione (cfr tabella) dove, grazie alla deflazione, si risparmia di più.
Il record del risparmio spetta a Milano, dove nonostante la deflazione, pari a -0,3% sia inferiore ad Ancona (-0,4%), la maggior spesa dei milanesi consente ad una famiglia di 4 persone di risparmiare 154 euro su base annua in termini di riduzione del costo della vita. Al secondo posto Ancona, con una deflazione dello 0,4% ed una minor spesa di 150 euro. Al terzo posto Torino, dove una tradizionale famiglia di 4 componenti risparmierà 142 euro (-0,3%).
In testa alla classifica delle città più care d’Italia c’è Bolzano, dove l’inflazione dello 0,5% si traduce in un aggravio di spesa, per una famiglia di 4 persone, pari a 270 euro su base annua. Seguono, sempre in termini di aumento del costo della vita, Trieste e Venezia, dove l’inflazione dello 0,4% si traduce in un aumento del costo della vita pari a 161 euro.
Tra la città più cara, Bolzano, e quella meno cara, Milano, si determina una differenza annua, in termini di spesa, pari a 424 euro (154+ 270).
Federconsumatori e Adusbef lanciano allarme per la situazione di stallo della nostra economia, con domanda, produzione e prezzi fermi, e per l’aumento delle disparità e del disagio delle famiglie in condizioni più disagiate, sulle quali tale aumento dei beni essenziali incide in maniera più pesante. “È ormai lampante la necessità di adottare provvedimenti concreti e incisivi per trainare il sistema economico al di fuori di questa fase di blocco.” – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef. “La spinta, in tal senso, deve venire dalla redistribuzione dei redditi, resa possibile dall’avvio del Piano Straordinario del Lavoro che invochiamo da tempo.”
La mancanza di lavoro, di prospettive e di speranze è la vera questione che attanaglia il Paese. Creare nuova occupazione, soprattutto per i giovani, secondo un recente studio dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, significa incrementare la capacità di acquisto delle famiglie: quest’ultima aumenterebbe di circa +40 miliardi di Euro l’anno, se la disoccupazione tornasse a valori intorno al 6% (livello pre-crisi, ancora eccessivo a nostro parere).
Per questo è indispensabile avviare un coordinato di interventi in grado di proiettare il Paese verso la crescita e lo sviluppo, stanziando investimenti pubblici per almeno 60 miliardi di Euro destinati all’innovazione e la ricerca, alla modernizzazione delle infrastrutture soprattutto al Sud, alla messa in sicurezza antisismica, alla valorizzazione dell’offerta turistica.
Inoltre, per determinare una fuoriuscita da questa impasse, è vitale scongiurare in ogni modo l’applicazione delle clausole di salvaguardia che, tra ricadute dirette (vale a dire l’aumento dei prezzi) ed indirette (dovute all’effetto moltiplicatore che l’aumento dei costi di produzione e di trasporto produrrebbe sull’intero sistema dei prezzi, incrementando quindi anche quelli dei beni primarie con IVA al 4%), determinerebbero per ogni famiglia, a regime, un aggravio di ben +842 Euro annui, con effetti disastrosi sull’intera economia.
Di fronte a questi dati sono certo che Renzi sta studiando come falsare o tappare la bocca all’ISTAT con un Decreto Legge che gli consenta di continuare a dire: ” Tutto va bene”