Influenza aviaria, Ciwf: riformare il settore avicolo perché si rischia una pandemia (Foto di Angel Glen da Pixabay)

L’influenza aviaria può causare una nuova pandemia? A preoccupare è il passaggio del virus ai mammiferi, con diversi casi segnalati fra lontre, visoni, volpi, foche e leoni marini. La paura è presto detta: che il virus faccia il salto di specie e si trasmetta anche agli esseri umani, o meglio fra gli esseri umani – i contagi finora ci sono stati ma legati soprattutto al contatto con volatili infetti. Per questo l’Organizzazione mondiale della Sanità ha chiesto di monitorare attentamente la situazione.

E su questo interviene anche Compassion in Word Farming: “riformare urgentemente il settore avicolo o rischiamo una nuova pandemia”, dice l’associazione che si occupa di benessere degli animali allevati a scopo alimentare. “È urgente riformare il settore avicolo globale per prevenire il rischio che virus altamente patogeni – come il virus dell’influenza aviaria – vadano fuori controllo e scatenino una nuova pandemia umana”, afferma Ciwf.

Influenza aviaria, casi fra i mammiferi

L’appello dell’associazione fa seguito a segnalazioni di casi di influenza aviaria in luoghi remoti come l’Antartide e al passaggio dagli uccelli ai mammiferi: sono stati segnalati casi fra lontre, volpi, orsi, procioni, foche e leoni marini. Si stima che dall’ottobre 2021 il virus abbia provocato la morte di 140 milioni di volatili a livello globale – inclusi 48 milioni di uccelli in Europa e circa 53 milioni negli Stati Uniti. Secondo l’OMS negli ultimi venti anni sono stati segnalati quasi 870 casi di infezione umana da virus dell’influenza aviaria H5N1 in 21 Paesi. Di questi, 457 si sono rivelati fatali. E gli esperti mettono in guardia sul cambio di diffusione dell’infezione.

È tema che preoccupa le istituzioni sanitarie. Di recente, durante un briefing con la stampa,  il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus ha esortato tutte le nazioni a monitorare attentamente l’eventuale presenza di aviaria tra i mammiferi. «Da quando H5N1 è emerso per la prima volta nel 1996 – ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus – abbiamo assistito solo a trasmissioni rare e non prolungate di H5N1 da e tra esseri umani. Ma non possiamo presumere che rimarrà così e dobbiamo prepararci a qualsiasi cambiamento dello status quo. Come sempre, si raccomanda di non toccare o raccogliere animali selvatici morti o malati, ma di segnalarli alle autorità locali» (Sanità Informazione).

I casi di infezione fra esseri umani ci sono stati ma finora sono sporadici e soprattutto legati al contatto con animali infetti. Il virus dell’influenza aviaria è stato trovato fra delfini, gatti domestici, leopardi e orsi grizzly, in leoni marini (che vivono in colonie, da qui il timore di contagio fra mammiferi) e fra i visoni. Secondo gli esperti il virus probabilmente richiederà più di uno o due cambiamenti affinché ci sia il rischio reale di trasmissione da uomo a uomo ma l’impatto potrebbe essere enorme.

“Non lo sappiamo davvero, ma ci sono sicuramente prove crescenti della trasmissione da uccello a mammifero e da mammifero a mammifero” ha detto Ursula Höfle, professoressa di ricerca presso l’Università di Castilla, in relazione a un caso di diffusione fra i visoni in Spagna (the Guardian).

Ciwf: riformare il settore avicolo contro rischio pandemia

Il Ciwf sottolinea il rischio che deriva dagli allevamenti intensivi: «Il settore avicolo intensivo, in cui migliaia di volatili sono ammassati in capannoni, fornisce al virus un costante ricambio di nuovi ospiti: il virus può circolare velocemente fra i volatili, con la possibilità che muti nel processo. In queste condizioni, è verosimile che emergano delle varianti estremamente virulente. La malattia passa quindi ai volatili selvatici e crea un circolo vizioso fra allevamenti e fauna selvatica, diffondendosi velocemente a livello globale. E alcune di queste nuove varianti possono infettare i mammiferi».

Per Philip Lymbery, direttore globale di Compassion in World Farming, «questa preoccupante situazione sta rapidamente andando fuori controllo e rappresenta una seria minaccia per la salute umana globale».

«Mancano poche mutazioni perché inizi a diffondersi da persona a persona – prosegue Lymbery – Se vogliamo avere una possibilità di fermare questa crisi dobbiamo trarre insegnamento dalla pandemia COVID-19».

L’associazione chiede dunque di riformare urgentemente il settore avicolo e di abbandonare i sistemi intensivi. Di partire subito con la vaccinazione dei volatili allevati per finire con un’azione più ampia che porti a una riduzione della produzione di carne e uova e dunque a una riduzione del loro consumo nell’alimentazione umana.

«Prima di tutto, è necessario che i volatili allevati vengano vaccinati per arginare la trasmissione del virus agli esemplari selvatici e ai mammiferi – dice Lymbery – E il Governo italiano e l’Unione europea devono entrare in azione adesso per elaborare una strategia per un settore avicolo che abbia un numero minore di allevamenti nella stessa area, con un numero inferiore di animali e densità d’allevamento più basse – dando così più spazio agli animali per ridurre il rischio di diffusione di malattie ad alta patogenicità».

Influenza aviaria e salute pubblica

L’influenza aviaria è una malattia degli uccelli causata da un virus dell’influenza di tipo A, che può essere a bassa o ad alta patogenicità. Diffusa in tutto il mondo, l’influenza aviaria è in grado di contagiare pressoché tutte le specie di uccelli, anche se con manifestazioni molto diverse, da quelle più leggere fino alle forme altamente patogeniche e contagiose che generano epidemie acute.

Riserve di virus di influenza aviaria sono le le anatre selvatiche, identificate come fonte di contagio per il pollame da allevamento (polli e tacchini), particolarmente suscettibile alla malattia. Nei Paesi asiatici, un ruolo preminente alla diffusione del virus è stato identificato nella vendita di pollame vivo ai mercati. Il virus si può inoltre trasmettere fra le aziende attraverso attrezzi e strumenti contaminati, macchine e mangimi. Il rischio alla base della preoccupazione diffusa è che il passaggio del virus all’essere umano possa portare a una nuova pandemia.

“L’importanza del controllo sanitario per questa malattia non è legato solo a un problema di sanità animale ma anche di salute pubblica. Infatti i virus influenzali appartenenti al tipo A possono infettare anche altri animali (maiali, cavalli, cani, balene) nonché l’uomo. Data l’elevata frequenza con cui questi virus vanno incontro a fenomeni di mutazione, c’è la possibilità che da un serbatoio animale possa originare un nuovo virus per il quale la popolazione umana risulta suscettibile, dando modo alla malattia di estendersi a livello globale e provocando quindi una pandemia”. (Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe).


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Parliamone ;-)