Confusione, offerta di servizi disomogenea a livello nazionale, assistenza domiciliare non garantita a tutti, ritardi nell’ottenere farmaci e dispositivi medici creano disuguaglianze nella tutela della salute. E dentro le mura domestiche, i cittadini integrano a proprie spese l’assistenza di cui hanno bisogno: uno su due si paga una “badante” mentre più di un cittadino su dieci sostiene una spesa di oltre mille euro al mese fra farmaci, integratori alimentari, badante, fisioterapista e materiale sanitario. Questo l’esito della carenza di servizi territoriali e delle cure a domicilio che emerge dal Rapporto di Cittadinanzattiva sull’assistenza sanitaria territoriale.

Il Monitoraggio dei servizi sul territorio, fuori dall’ospedale dentro le mura domestiche, realizzato da Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato e presentato oggi, evidenzia che esistono “sigle e modelli diversi per definire le unità che si occupano di cure territoriali, offerte di servizi disomogenee, assistenza domiciliare non per tutti e a rischio sotto il profilo della qualità e quantità”. I Centri diurni per la salute mentale sono in media 29,8 per Regione (sul campione intervistato) ma si va dai 3 del Molise ai 69 della Toscana passando per i 21 di Puglia e Piemonte e i 28 dell’Emilia Romagna. Anche i centri per l’Alzheimer scontano grandi differenze territoriali. Solo il 60% delle Regioni interpellate afferma di avere sul territorio Centri diurni per le persone con autismo, mentre nelle altre Regioni (40%) o non sono presenti centri o il dato non è pervenuto.

“I cittadini apprezzano la disponibilità e professionalità degli operatori delle cure domiciliari, ma lamentano in due casi su cinque una eccessiva rotazione nel personale inviato a casa – dice Cittadinanzattiva –  Sempre lunghi i tempi per l’attivazione dei servizi a domicilio: uno su cinque attende oltre dieci giorni; più di un mese di attesa per un quarto dei cittadini che necessitano di letti antidecubito, o di traverse e pannoloni; un cittadino su tre attende oltre un mese anche per la carrozzina, e uno su dieci per ottenere farmaci indispensabili”.

L’esperienza dei pazienti racconta che, se si ha bisogno di parlare con un professionista sanitario in orario diverso da quello della presenza a casa, la reperibilità si concentra nella fascia oraria 7-14, e comincia a ridursi drasticamente dalle 14 in poi. E infatti, denuncia Cittadinanzattiva, “più di un cittadino su due integra a proprie spese la badante per assicurare l’assistenza di cui ha bisogno. Più di un cittadino su 10 intervistato sostiene oltre mille euro al mese tra farmaci, integratori alimentari, badante, fisioterapista, materiale sanitario”. L’esperienza dei cittadini nei confronti dei professionisti che si recano a casa è complessivamente positiva: gli operatori sono descritti molto disponibili e gentili nel 51,5% dei casi e sono considerati chiari nelle loro comunicazioni nel 46,3%. Esiste una certa rotazione tra i sanitari che si recano a domicilio e questo crea problemi: due persone su cinque vivono i cambi di personale con un certo disagio.

Più di un paziente su cinque ritiene che l’assistenza domiciliare potrebbe essere migliorata con il coinvolgimento nella definizione del piano di assistenza (23,5%), la facilità di accesso al servizio (23,3%) e la possibilità di scegliere da chi farsi curare/seguire (22,5%). Per i pazienti è necessario aumentare il tempo dedicato alla fisioterapia e rendere più tempestiva l’attivazione del servizio: 1 cittadino su 5 ha atteso oltre 10 giorni e circa il 14% ha incontrato criticità nell’attivazione. Si segnalano poi attese lunghe: accade che 1 cittadino su 4 attenda più di 30 giorni per materasso o cuscino antidecubito e letto articolato; poco meno quelli che aspettano più di trenta giorni per traverse e pannoloni; più di 1 su 3 aspetta più di un mese per sollevatore o carrozzina. Più di 1 su 10 attende oltre un mese per avere farmaci indispensabili.

“Di fronte a confusione, difformità, ritardi e iniquità nell’offerta di servizi sanitari territoriali che abbiamo rilevato, cause di profonde disuguaglianze, abbiamo una proposta chiara – dice Tonino Aceti,  Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva – E’ urgente che Stato e Regioni lavorino al DM 70 dell’assistenza territoriale che, analogamente a quanto si è fatto per gli ospedali, definisca gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici da garantire a tutti i cittadini in tutte le aree del Paese: dal nord al sud, nelle grandi città come nei piccoli centri e nelle aree interne più disagiate. Abbiamo bisogno di poter contare non solo sull’ospedale, ma di trovare nel territorio un punto di riferimento affidabile e presente sempre. E’ ora di passare dalle enunciazioni e promesse ai fatti”.


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