Pompe funebri, l’umorismo nero finisce sotto querela (Foto Brett Sayles per Pexels)

“Sotto il sole non si respira? Funerale a 1250 euro e bara in omaggio”. Si schiatta di caldo? E via con la pubblicità dell’agenzia delle pompe funebri. C’è anche l’estate della crisi climatica e del grandissimo caldo nel marketing dell’ultimo saluto, che da diversi anni a questa parte sta battendo la strada dell’umorismo nero. Quest’anno per le strade di Roma, la versione black humor dell’agenzia di pompe funebri è: “Sotto il sole non si respira? Funerale a 1250 euro e bara in omaggio”. Caldo asfissiante? Si schiatta di caldo? Si suda da morire? E via la promozione del servizio funerario. Ma non a tutti piace questo stile comunicativo, che pure ha rivoluzionato la comunicazione di un intero settore, e un giovane di Guidonia ha sporto denuncia perché questo tipo di pubblicità “offende in maniera incontrovertibile, senza limiti, la sacralità della morte”.

Pompe funebri e umorismo nero

Come scrive Open, “Taffo Funeral Service ed Exequia Funeral Service, due agenzie di pompe funebri riconducibili allo stesso proprietario e note per le loro pubblicità ironiche, sono state querelate per alcune «pubblicazioni oscene», ovvero che «secondo il comune sentimento, offendono il pudore».

Alla querelle s’è aggiunta anche il Codacons, che ha deciso di sollevare il tema dei manifesti apparsi per le strade di Roma con un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma e all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. I manifesti delle agenzie di pompe funebri, scrive il Codacons, “travalicano il limite dell’ironia e ricorrendo a una forma di pubblicità che viola ogni principio della morale, non rispettando il dolore né di chi ha sofferto né di chi sta soffrendo per la perdita di un proprio caro”.

Nella “strategia comunicativa fatta di “black humor” e spregiudicate comparazioni di prezzo (“funerale low cost”) con i concorrenti”, il Codacons contesta un duplice aspetto. Il primo è “un profilo di offesa nei confronti del sentimento comune della morale, la violazione incontrovertibile, senza limiti, della sacralità della morte”. E qui l’associazione richiama la posizione di un giovane residente a Guidonia che ha sporto denuncia perché avendo perso il padre in giovanissima età, si sente ferito da questa pubblicità che, si legge nell’atto citato dal Codacons, “offende in maniera incontrovertibile, senza limiti, la sacralità della morte”.

Il secondo aspetto contestato dal Codacons è “un profilo relativo alla pubblicità ingannevole e comparativa a danno delle imprese, rivendicando tali promozioni – attraverso un marketing selvaggio e senza limiti – la possibilità di organizzare “funerali low cost”.

Per il Codacons questo tipo di pubblicità è ormai un fenomeno generale, esteso a molte realtà che praticano un marketing ritenuto di “cattivo gusto”.

«Stiamo dando un cambiamento al sistema funebre nazionale – ha detto invece Luciano Taffo – Una volta quando la gente vedeva uno di noi o un carro funebre partivano frasi o gesti di scherno. Eravamo solo ‘i cassamortari’. È assurdo essere denunciati per aver usato una frase comune come: ‘si suda da morire’. Serve un pizzico di ironia nella vita, e anche nella morte». (Fonte: Il Giornale).

Scherzare sulla morte (ed esorcizzarla un po’)

È di sicuro un marketing diverso, quello che scherza sulla morte e ci aggancia una buona dose di ironia e umorismo nero, a volte nerissimo. Spesso si ispira a temi di attualità più o meno pressanti, come accade con i recenti lanci di Taffo che prende spunto dai roghi in Sicilia (“Se ti piace bruciare, vieni qui che ti cremiamo noi”) o dal film culto del momento (“Barbie defunta”, con l’immagine di una bara tutta rosa).

Su social, neanche è a dirlo, è una promozione che ai più piace. Può funzionare più o meno a seconda dell’idea di fondo, dell’originalità della battuta, della sensibilità di chi legge e guarda, ma viene apprezzata proprio per quello sberleffo che in fondo permette di esorcizzare un tema grande, che sovrasta l’essere umano e spaventa, che alimenta domande per molti prive di risposte adeguate.

Se si rimane nei confini della Capitale, viene poi il dubbio che lo stile strillato sui cartelloni pubblicitari strizzi un occhio proprio alla romanità, a un certo sarcasmo innato, a un’anima cittadina capace di dissacrare e sbeffeggiare il potere e il sacro, e dunque anche la morte. Da secoli. Tanto è vero che alcuni di questi cartelloni sarebbero forse poco proponibili in altre parti d’Italia. Come è anche accaduto che, in risposta all’umorismo sulla morte, si sia sviluppata una promozione contraria che invece fa leva sulla serietà del servizio svolto dalle agenzie funerarie. Rigoroso, rispettoso, in black senza riderci sopra. Ma tutto è pubblicità, in fondo. E non sarà una bara a seppellirci.


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