Le autorità italiane hanno dato prova di gravi carenze nella gestione finanziaria e nel controllo dei fondi stanziati dall’Unione europea attraverso il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per il programma operativo della Regione Puglia. E per questo il Tribunale dell’Unione europea ha confermato che il contributo finanziario fornito dal Fondo alla Puglia deve essere ridotto di quasi 80 milioni di euro, respingendo il ricorso presentato dall’Italia contro la riduzione decisa dalla Commissione europea.
Cosa è successo? Come spiega il Tribunale, nel 1999 l’Italia ha presentato alla Commissione un progetto di programma operativo per la Regione Puglia («POR Puglia»). Nel 2000 la Commissione ha approvato tale progetto e ha stanziato a favore delle autorità italiane 1,72 miliardi di euro a titolo del FESR. A tal fine, la Commissione ha effettuato pagamenti preliminari e intermedi per un importo totale di 1,23 miliardi di euro. Nel 2007 la Commissione, attraverso un audit dei sistemi di gestione e controllo istituiti dalle autorità italiane, ha concluso che queste non avevano garantito una buona gestione finanziaria dei fondi, e un nuovo audit ha confermato che l’Italia in seguito non ha posto rimedio alle carenze constatate. Di conseguenza la Commissione ha sospeso i pagamenti intermedi del FESR e ha fissato per l’Italia un termine per effettuare i controlli ed apportare le rettifiche necessarie.
Nel 2009 un terzo audit ha rivelato che i requisiti indicati nella decisione di sospensione non erano stati rispettati entro i termini impartiti. Sono state constatate diverse irregolarità nei controlli di primo e di secondo livello nonché nel funzionamento dell’autorità di pagamento. Così, nel dicembre 2009, la Commissione ha ridotto il contributo finanziario assegnato all’Italia, applicando una rettifica finanziaria del 10% sulle spese certificate, vale a dire una riduzione pari a 127,17 milioni di euro. Tenuto conto dell’incidenza sulla partecipazione del FESR della rettifica già apportata dalle autorità italiane, la Commissione ha ridotto il contributo finanziario di un importo pari a 79,33 milioni di euro. Di fronte a tale decisione l’Italia ha presentato ricorso al Tribunale dell’Unione europea.
Quest’ultimo ha in primo luogo rilevato che “per rispettare l’esigenza di una buona gestione finanziaria dei fondi strutturali, è essenziale che gli Stati membri predispongano sistemi di gestione e di controllo che consentano la verifica della fornitura dei beni e dei servizi cofinanziati e della veridicità della spesa dichiarata. Gli Stati membri devono altresì organizzare, sulla base di campioni adeguati, controlli regolari che devono riguardare almeno il 5% della spesa totale delle operazioni. Per contro, la Commissione, per giustificare la sua decisione, deve dimostrare l’esistenza di una violazione delle norme che disciplinano i fondi strutturali”.
Nel caso in questione, i revisori dell’Unione europea hanno riscontrato diverse irregolarità e la Commissione ha contestato l’affidabilità della percentuale delle spese controllate e delle rettifiche proposte dalle autorità italiane e ha constatato il malfunzionamento dell’autorità di pagamento, mentre l’Italia da parte sua “non ha fornito prove che consentissero di confutare quanto constatato dalla Commissione”. Di conseguenza, il Tribunale “ritiene che le insufficienze constatate dalla Commissione rimettano in discussione l’efficacia dell’insieme del sistema di gestione e di controllo del POR Puglia e presentino quindi un rischio rilevante di perdita per il bilancio dell’Unione. La Commissione ha quindi avuto ragione nell’applicare un tasso di rettifica del 10% che esprime la gravità, il carattere e la durata delle insufficienze relative agli elementi essenziali del sistema di controllo del POR Puglia”. Il ricorso dell’Italia è stato dunque respinto.


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