Crisi, Dona: ecco cosa chiedono i consumatori alle aziende

Crisi, Dona: ecco cosa chiedono i consumatori alle aziende

Abbiamo intervistato Massimiliano Dona, Presidente di Unione Nazionale Consumatori, che ci ha raccontato quali sono le strategie aziendali considerate vincenti dai consumatori in questo momento di crisi, con uno sguardo al tema della sostenibilità ambientale.

La centralità del consumatore nei settori alimentare, digitale, energia, mobilità è stata, infatti, il focus dell’evento Customer Centricity, che si è svolto giovedì scorso, 30 marzo, organizzato da UNC.

Di cosa si tratta e quali sono stati i principali temi di dibattito?

Customer Centricity è la seconda edizione di un evento di networking che UNC organizza ogni anno per imprese, istituzioni e addetti ai lavori. L’obiettivo è fare il punto su un tema di estrema attualità, quest’anno abbiamo scelto “comunicare in tempo di crisi”. Dopo un momento di riflessione con l’ospite della giornata, il pubblicitario Paolo Iabichino, che ha presentato il suo ultimo libro “Scrivere civile” dedicato proprio al civic brand, gli ospiti si sono divisi in quattro tavoli dedicati ad alimentazione, digitale, energia e mobilità. Ciascun ospite ha portato al tavolo la sua strategia per uscire dalla crisi: si è parlato quindi di sostenibilità ambientale, di impegno civico, ma anche dell’importanza di un ambiente di lavoro sereno che metta al centro le persone. Il tutto senza dimenticare le sfide che stiamo vivendo: dalla digitalizzazione all’importanza dei dati, ma anche la crisi energetica e i new food. A chiudere i lavori una riflessione in plenaria di Pierpaolo Bucalo, Adjunct Professor, Customer & Employee Experience Management, Luiss Business School.

 

Customer Centricity
Customer Centricity

 

Da un sondaggio lanciato da Unione Nazionale Consumatori è emerso che il 21% dei consumatori crede nella necessità di un impegno a favore della sostenibilità ambientale e ne tiene conto nella scelta del brand. Questo tema richiama l’attenzione sul rischio greenwashing. Ci spiega in cosa consiste?

Nei giorni precedenti all’evento ho lanciato sulla mia pagina Instagram questa survey, chiedendo alla community quale strategia, messa a punto dalle aziende in un momento di crisi, ritenessero vincente. Il 38% è molto sensibile al tema del benessere dei dipendenti e quindi la scelta di un orario di lavoro flessibile, lo smart working, ambienti sereni e confortevoli, politiche di welfare aziendale sono molto apprezzate anche dai consumatori nella consapevolezza che alla base di una buona relazione con le aziende deve esserci l’attenzione per i “clienti interni”, cioè appunto i dipendenti.

Non ci sorprende il dato sulla sostenibilità ambientale: il 21% dei consumatori è disposto a spendere un po’ di più per prodotti che rispettano l’ambiente e prediligono aziende sensibili ai temi dello spreco e del riciclo. Per le aziende però può rivelarsi un boomerang, perché non basta una verniciata di verde e green claim poco convinti, perché i consumatori sono sempre più consapevoli e se fiutano l’inganno non perdonano il tradimento. D’altra parte anche l’Autorità Antitrust ha nell’ultima relazione annuale, per la prima volta, accostato il greenwashing alla concorrenza sleale e in Europa si parla già da un po’ di una legge che renda più trasparenti le comunicazioni delle imprese in tema di sostenibilità ambientale.

In che modo i consumatori possono accertare il reale impegno delle aziende nella sostenibilità ambientale?

Ormai grazie ai social le bugie hanno le gambe ancora più corte, quindi le aziende devono stare molto attente con finti proclami di sostenibilità. Leggere le etichette, fare attenzione alle certificazioni e informarsi sui brand è sempre una buona idea. Meglio diffidare da termini come “naturale”, “non tossico”, “sostenibile” o negli internazionali “earth friendly”, “certified green”, “eco”, “verde” o “chemical free”: sono così ampi e mal definiti che sono il più delle volte privi di significato.


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