
Al via il progetto di Azione contro la fame contro l'insicurezza alimentare
Al via il progetto di “Azione contro la fame” per combattere l’insicurezza alimentare
Azione contro la fame ha presentato un report sullo stato della povertà in Italia e l’insicurezza alimentare che ne deriva. Racconta, inoltre, l’approccio adottato per contrastarla tramite il progetto pilota partito da Milano “Mai più Fame: dall’emergenza all’autonomia”
La povertà ha da anni un trend crescente e secondo l’Istat, sono ora 5,6 milioni le persone che in Italia vivono una condizione di povertà assoluta, pari al 7,5% della popolazione. La crisi economica, aggravata dalla pandemia di Covid-19, e la conseguente riduzione del reddito ha generato, in molti nuclei familiari, una condizione di insicurezza alimentare, riducendo le possibilità di accesso ad una alimentazione sana e adeguata.
Questo è il dato da cui parte l’organizzazione Azione contro la fame, che ha presentato oggi un report sullo stato della povertà in Italia e l’insicurezza alimentare che ne deriva. Il documento racconta anche l’approccio adottato per contrastarla tramite il progetto pilota partito da Milano “Mai più Fame: dall’emergenza all’autonomia”.
Il progetto è costituito da tre elementi integrati: sostegno alla spesa per l’acquisto di cibo e beni di prima necessità; educazione alimentare per indirizzare i beneficiari verso una dieta sana e bilanciata che favorisca la salute e il benessere del nucleo familiare; percorso di formazione ed accompagnamento all’inserimento lavorativo, finalizzato allo sviluppo delle competenze personali, sociali e professionali.
Insicurezza alimentare, il report di Azione contro la Fame
Il profilo dei beneficiari dell’intervento di Azione contro la Fame “scatta” una fotografia di chi soffre la fame, che conferma molte evidenze: sono donne l’80% delle persone che hanno richiesto di aderire al programma, dimostrando ancora una volta la correlazione esistente anche a livello globale tra condizione femminile e insicurezza alimentare.
L’età è compresa tra i 30 e i 60 anni, con più della metà che dichiara di essere divorziata, separata o single; il restante 44% è coniugata o convivente.
Nel 90% dei casi si tratta di famiglie con uno o più figli a carico e in buona parte di contesti monoparentali, confermando anche qui le evidenze del Report Povertà 2020 dell’Istat, all’interno del quale la presenza di figli minorenni è legata fortemente all’indice di povertà nelle famiglie.
La conseguenza della povertà è l’insicurezza alimentare – spiega l’organizzazione – e la difficoltà ad accedere ad una dieta sana diversificata, misurabile anche con l’indice HDDS (Household Dietary Diversity Score), che analizza il numero di “gruppi alimentari” consumati nelle ultime ventiquattro ore: il relativo punteggio, che va da 0 a 12, è risultato pari a 7,69 tra i partecipanti al programma, con la presenza dei dolci tra i cibi più consumati mentre il pesce, ricco di micronutrienti, è consumato molto meno.
Azione contro la fame: ricreare le condizioni per la generazione del reddito
Secondo quanto emerso dall’analisi dell’organizzazione, nelle situazioni di crisi le reti di sostegno pubbliche e private giocano un ruolo fondamentale per proteggere lo stato nutrizionale e la salute delle famiglie più vulnerabili: due delle principali modalità di aiuto sono la distribuzione di alimenti e il sostegno economico.
La distribuzione di alimenti, in particolare, ha consentito di aiutare centinaia di migliaia di persone toccate da una traiettoria sociale discendente, ma – osserva Azione contro la fame – è esposta ai vincoli della catena logistica e quindi al rischio di focalizzarsi sui cibi secchi e non deperibili; il sostegno economico è più flessibile e consente l’acquisto in autonomia da parte del beneficiario, che può così accedere ai cibi freschi e arricchire quindi la qualità della dieta.
L’organizzazione richiama l’attenzione anche sul ruolo dell’educazione alimentare e sulla necessità di ricreare le condizioni per la generazione del reddito e dell’autosufficienza; nella maggioranza dei casi, infatti, le persone che si rivolgono alle reti di assistenza sociale cercano essenzialmente un lavoro ed è in mancanza di questo che chiedono cibo.

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