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Benessere animale, certificazione e problemi di trasparenza

Certificazione di benessere animale, c’è un problema di trasparenza nei lavori preparatori.

«La certificazione nazionale volontaria per il benessere animale dovrà impedire operazioni di greenwashing e ancor più che siano finanziate mere operazioni di maquillage di allevamenti intensivi»: così in una nota congiunta Ciwf Italia, Essere Animali, Lav e Legambiente.

Le quattro associazioni denunciano che sono a rischio gli obiettivi di benessere animale e una corretta informazione ai cittadini, perché non sono state condivise le bozze dei documenti che spiegano cosa è richiesto agli allevamenti per avere la certificazione di benessere animale.

Allevamenti attenti al benessere animale

La denuncia viene a seguito della presentazione online organizzata ieri da Accredia, Ministero della Salute e Ministero delle Politiche Agricole sul Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale. Questa ha l’obiettivo di certificare, con un apposito logo volontario, i prodotti che derivano da allevamenti attenti al benessere animale.

Le quattro associazioni hanno partecipato alla presentazione ma si dicono preoccupate.

«Chiediamo ai Ministri Stefano Patuanelli e Roberto Speranza di aprire rapidamente un confronto politico di merito per evitare che questo processo, finora per nulla trasparente, tradisca le aspettative di milioni di cittadini e fallisca l’obiettivo di accompagnare efficacemente la transizione del sistema allevatoriale italiano in tema di benessere animale».

Le associazioni denunciano mancanza di trasparenza nei documenti che verrebbero usati per definire gli standard di benessere richiesti agli allevamenti. Nonché una certificazione per i suini al coperto che esclude scrofe e suinetti e che potrebbe portare a una attestazione falsata del “benessere animale”.

 

 

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Il Sistema di qualità benessere animale

L’incontro online ha riguardato il “Sistema di qualità nazionale benessere animale” introdotto con il Decreto – Legge 34 del 19 maggio 2020, convertito con modificazioni dalla Legge 77 del luglio scorso.

Come si legge sul sito del Mipaaf, gli obiettivi del sistema di qualità sono quelli di «definire uno schema base di produzione di carattere nazionale per rafforzare la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle produzioni di origine animale, favorire un recupero di competitività della fase allevatoriale, migliorare la sostenibilità dei processi produttivi, garantire la trasparenza nei confronti dei consumatori, particolarmente importanti in situazioni di emergenza come quella generata dalla diffusione del Coronavirus COVID-19».

 

Benessere animale anche per i suini in gabbia?

Durante l’incontro, denunciano ambientalisti e animalisti, «non sono state condivise le bozze dei documenti che descrivono le condizioni richieste agli allevamenti per essere certificati in tema di benessere animale, un evidente problema di trasparenza nel processo di scrittura degli standard che sono in attesa di essere approvati con decreto interministeriale».

Eppure, proseguono, la richiesta è stata fatta. Anche le slide presentate nell’incontro sono state ritenute generiche. Di più, hanno dei contenuti che sollevano la preoccupazione delle associazioni impegnate nella certificazione di benessere animale.

«Per la certificazione dei suini al coperto, l’unica presentata, non sono state considerate le scrofe e i suinetti – denunciano le quattro associazioni – e questo implica che la carne di suino etichettata con il claim “benessere animale” potrà derivare da scrofe allevate in gabbia, e da suinetti che hanno subito la limatura dei denti, un’operazione molto dolorosa. Si tradirebbe così il proposito dichiarato di inserire il metodo di allevamento in etichetta, perché i consumatori non potranno neanche sapere se i prodotti acquistati con il logo benessere animale arrivano da scrofe allevate in gabbia oppure no».

Per i suini sono previsti solo due livelli, uno al chiuso e uno all’aperto, e questo non favorisce il passaggio graduale degli allevamenti da metodi intensivi a sistemi più attenti al benessere animale, finendo anzi per danneggiare allevamenti a minore impatto – come quelli senza gabbie e con più spazio per gli animali. E manca nel progetto nazionale la certificazione con più livelli al chiuso.

«La presentazione di ieri – dicono animalisti e ambientalisti – potrà essere considerata un primo passo positivo solo se sarà seguita dalla completa condivisione delle bozze dei documenti, finora redatti al chiuso dei ministeri, in un’ottica di trasparenza e accesso necessari per l’effettiva partecipazione della società civile e se almeno le principali osservazioni, pratiche e di buon senso, prodotte dalle Associazioni saranno tenute in debito conto. La certificazione nazionale volontaria per il benessere animale dovrà impedire operazioni di greenwashing e ancor più che siano finanziate mere operazioni di maquillage di allevamenti intensivi; con i soldi dei cittadini derivanti dalla Politica Agricola Comune e dal Next Generation EU la certificazione dovrà invece efficacemente aiutare le scelte consapevoli dei cittadini e degli allevatori che vogliono impegnarsi per accrescere il benessere degli animali».

Metodo di allevamento in etichetta

Solo qualche giorno fa Ciwf e Legambiente hanno presentato una proposta di etichettatura secondo il metodo di allevamento per le mucche da latte con un’etichetta che distingue biologico, pascolo, stabulazione e allevamento intensivo.

Più livelli dunque per una tabella che permette di identificare con facilità i diversi metodi di allevamento e che darebbe vita a un’etichettatura “volontaria, univoca e nazionale” in grado di risolvere il problema delle etichette “fuorvianti” per i consumatori.


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1 thought on “Certificazione di benessere animale, associazioni: c’è un problema di trasparenza

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