Spreco alimentare, guerrieri o scansafatiche? Una ricerca divide le famiglie in tre profili
Guerrieri, in difficoltà o scansafatiche: che tipo di famiglia siete quando si parla di spreco alimentare? Una ricerca australiana ha proposto una segmentazione delle famiglie sulla base dei rifiuti alimentari prodotti e dei comportamenti verso lo spreco
Guerrieri, in difficoltà o scansafatiche: che tipo di famiglia siete quando si parla di spreco alimentare? Una ricerca australiana ha proposto una segmentazione delle famiglie sulla base dei rifiuti alimentari prodotti e dei comportamenti verso lo spreco alimentare. Lo studio è stato pubblicato qualche tempo fa su Food Quality and Preference e segmenta le famiglie in tre distinti gruppi in base alla produzione di spreco alimentare e alla sua gestione più o meno sostenibile.
Del totale del food waste, o rifiuti alimentari domestici, il 33% è evitabile e il 49% viene differenziato in modo sostenibile. La ricerca segnala tre gruppi distinti di famiglie in base alla produzione e ai comportamenti adottati verso lo spreco alimentare: guerrieri (Warriors), persone in difficoltà (chi lotta contro lo spreco, Strugglers) e fannulloni o svogliati (Slackers).
Le famiglie con bambini, ad esempio, rientrano spesso nella categoria delle persone in difficoltà, sono motivate ma fanno fatica a ridurre lo spreco di cibo; gli anziani presentano invece un basso spreco alimentare e una gestione sostenibile dei rifiuti di cibo.
La segmentazione delle famiglie in gruppi permette inoltre di ipotizzare linee di azione diverse per la lotta allo spreco alimentare, sulla base delle caratteristiche familiari stesse.
Lo spreco alimentare
Ogni anno, si stima che 931 milioni di tonnellate, ovvero il 17 % di tutto il cibo prodotto per il consumo umano a livello globale, venga sprecato in varie fasi di consumo, tra cui la vendita al dettaglio, i servizi di ristorazione e le famiglie (dati Unep 2021). In particolare nei paesi ad alto reddito, a reddito medio-alto e a reddito medio-basso, le famiglie contribuiscono in modo significativo allo spreco alimentare. Nel 2019, le famiglie rappresentavano il 61% del totale stimato di spreco alimentare.
Precedenti ricerche hanno evidenziato che diversi fattori influenzano lo spreco alimentare: comportamentali, generazionali e psicosociali. Ad esempio, un minore spreco di cibo è associato all’età più avanzata (gli anziani sprecano meno, insomma), a forti norme personali contro lo spreco alimentare, alla capacità percepita di ridurre lo spreco, mentre comportamenti di smaltimento più sostenibili sono associati ai benefici percepiti, alle abitudini di riciclo e alla capacità di compostaggio. Tuttavia, questi studi hanno anche riscontrato eterogeneità nella generazione dello spreco alimentare e nei comportamenti di smaltimento diffusi fra le famiglie.
Questa la premessa della ricerca. Lo studio si basa su un sondaggio online condotto su 939 famiglie; i dati sono stati utilizzati per segmentare le famiglie in base a due misure di produzione di rifiuti alimentari (volume totale dei rifiuti alimentari e percentuale di rifiuti alimentari totali evitabili) e a una misura del comportamento di raccolta differenziata (percentuale di rifiuti alimentari differenziati in modo sostenibile).
Sono stati identificati tre segmenti: “Guerrieri” (39,6%), “In difficoltà” (19,6%) e “Svogliati” (40,8%).
Spreco alimentare e famiglie in difficoltà
I “lottatori”, chi è in difficoltà verso lo spreco (Strugglers) rappresentavano il segmento più piccolo in termini di dimensioni (19,6%), ma il volume di spreco alimentare da loro generato era, in media, tre volte superiore rispetto agli altri due gruppi.
Le persone in difficoltà, evidenzia la ricerca, producono la percentuale più alta di prodotti alimentari prevenibili (ad esempio frutta e verdura non consumate, pane e cereali, ecc.). Si tratta di un gruppo moderatamente motivato a ridurre lo spreco alimentare e a gestirlo in modo sostenibile, nonostante percepisca un controllo limitato a causa di uno stile di vita frenetico con i bambini e altri membri della famiglia.
Un modo per incidere su questo gruppo potrebbe essere l’educazione alimentari rivolta ai figli, attraverso programmi scolastici; oppure ci si può rivolgere ai genitori attraverso riviste per i genitori, programmi TV specifici o canali di social media che raggiungono le famiglie con bambini.
I guerrieri dello spreco
I guerrieri (Warriors) sono il secondo segmento più grande (39,6%), rappresentato da famiglie che producevano la minor quantità di prodotti agricoli in gran parte inevitabili (ad esempio scarti di frutta e verdura). Sono fortemente motivati a ridurre lo spreco. Molti Guerrieri sono più anziani e prossimi all’età pensionabile, o in pensione, e le loro famiglie sono di dimensioni più piccole e composte solo da adulti.
Gli scansafatiche dello spreco
I Fannulloni (Slackers) hanno prodotto la quantità più piccola di spreco alimentare (simile a quella dei guerrieri), ma la percentuale di sprechi prevenibili (ad esempio avanzi misti) era significativamente più alta, il che è considerato preoccupante poiché si tratta del segmento più grande (40,8 %).
Sono il gruppo più giovane e meno motivato a ridurre lo spreco di cibo; sono meno coinvolti nel tema “cibo” e spesso interessati al fattore prezzo e al cibo pronto.
Su questo gruppo, si legge ancora nella ricerca, uno degli interventi potrebbe essere quello di enfatizzare i risparmi sui costi che potrebbero derivare dalla prevenzione dello spreco. Un’altra strategia potrebbe essere quella di fornire loro un contenitore da cucina (il 70% ne è infatti privo) per lo smistamento dei rifiuti alimentari. Fra loro, che sono i più giovani, potrebbe essere una strategia influente quella di utilizzare influencer giovani o sfruttare i social media per promuovere la riduzione dello spreco alimentare.