Eolico a rischio criminalità, produttori Aper: notizia sensazionalistica
C’è bisogno di semplificazione e trasparenza per sgombrare il campo dalle accuse all’eolico. Attenzione all’ingresso delle organizzazioni mafiose nel mercato dell’eolico, ha messo in evidenza nei giorni scorsi una ricerca del Cnel (Consiglio nazionale economia e lavoro) cui rispondono a stretto giro i produttori di Aper (Associazione produttori energia da fonti rinnovabili) che chiedono appunto semplificazione e trasparenza e contestano che nella notizia sembrano esserci “necessità sensazionalistiche”.
L’evento che si è svolto al Cnel ha messo in evidenza la preoccupazione che il settore dell’eolico possa diventare, in un futuro abbastanza prossimo, terreno di attività criminali, e ricordato che nel periodo fra il 2007 e aprile dello scorso anno sono state condotte 17 inchieste relative ai parchi eolici che hanno visto impegnate 14 Procure, con l’emissione di 126 ordinanze di custodia cautelare. Per i produttori di Aper, il rapporto del Cnel dedicato ai rischi di illegalità nel settore dell’energia eolica “ha dato un nuovo spunto ai detrattori delle rinnovabili per affermare che dove c’è eolico c’è malaffare”.
“La notizia – commenta Fabrizio Tortora, vicepresidente di Aper – sembra dettata da necessità sensazionalistiche più che informative. In prima battuta tengo a ribadire che nessuna delle indagini giudiziarie citate ha, ad oggi, portato a condanne. In secondo luogo vale la pena sottolineare quanto emerge dallo studio, ovvero che gli obiettivi legati allo sviluppo dell’eolico possono dare al Sud un’opportunità di sviluppo che nessun altro settore è in grado di dare. Al fine di prevenire quanto successo negli altri comparti che hanno investito nel Meridione, occorre attivare sistemi virtuosi di sviluppo dell’eolico. Tra questi, in particolare, maggiore trasparenza e semplificazione nelle procedure autorizzative, come da sempre fortemente sostenuto e richiesto anche da Aper. Si tratta di obiettivi dichiarati anche negli emanandi decreti attuativi del Dlgs 28/11 ma che allo stato, anche per mancanza di confronto con le associazioni, risultano puntualmente disattesi”.
L’associazione ha aderito al progetto “Green Clean Market: protecting the green sector market from corruption and fraud”, che “contempla tra i suoi obiettivi la sensibilizzazione di imprese e istituzioni per creare un terreno favorevole alla diffusione di pratiche virtuose”. E ricorda quanto emerso da uno studio sull’eolico – Windbook: realtà e leggende dell’eolico in Italia – nel quale viene dato spazio anche alla questione “appalti e corruzione”: “Le inchieste giudiziarie che a oggi configurano reali ipotesi di reato – si legge – fanno riferimento ad un numero estremamente limitato di progetti relativi all’energia eolica”.
“L’eccessiva confusione normativa e burocratica in fatto di autorizzazione degli impianti provoca opacità nei procedimenti – continua il documento dell’Aper – Tali problemi prestano il fianco all’operato di alcuni soggetti che di fatto hanno poco a che spartire con i veri investitori del settore e cercano di approfittare di tale opacità generata dalle amministrazioni locali”.
C’è bisogno di semplificazione e trasparenza, afferma l’Aper, per fronteggiare accuse ed eventuali opacità. Si legge ancora nello studio: “Il sospetto di affari poco chiari e trasparenti legati alla realizzazione degli impianti eolici spesso viene alimentato dal fatto che la maggioranza di essi si trova nel Meridione d’Italia. Tuttavia il Sud Italia raccoglie tanti impianti eolici per lo stesso motivo delle regioni della Germania settentrionale o della Danimarca occidentale: c’è vento. È ovvio quindi che il settore si sia sviluppato principalmente in queste zone”.
Conclusione? “Non risulta né ragionevole né corretto imputare ad una tecnologia così importante per le necessità italiane – gettando discredito sugli operatori più volenterosi – la causa dell’azione di pochi professionisti dell’illecito che sanno infiltrarsi nelle pieghe più buie della eccessiva proliferazione normativa ed approfittare di una cattiva amministrazione della cosa pubblica”.

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