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La scuola che vorrei: al via la consultazione pubblica per gli studenti
Come vorreste che fosse la scuola? L’Agia lancia la consultazione pubblica con il questionario elaborato dalla Consulta delle ragazze e dei ragazzi. Cinque le aree indagate: gli spazi, la didattica, le tecnologie, le valutazioni e il rapporto con il territorio
Come vorreste che fosse la scuola? A chiederlo ai ragazzi di tutta Italia è l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che lancia da oggi 8 ottobre, e per la durata di un mese, una consultazione pubblica tra gli studenti, intitolata “La scuola che vorrei”.
I quesiti, che saranno sottoposti a chi ha un’età compresa tra i 14 e i 18 anni, in collaborazione con Skuola.net, sono stati elaborati dalla Consulta delle ragazze e dei ragazzi dell’Agia. Sarà possibile partecipare alla consultazione pubblica, in forma anonima, dal 9 ottobre.
Scuola, i temi della consultazione pubblica
Cinque gli ambiti toccati dalle 26 domande della consultazione: gli spazi, la didattica, le tecnologie, le valutazioni e il rapporto con il territorio.
“Occorre passare dalle parole ai fatti. L’ascolto – e di conseguenza la partecipazione dei minorenni alle scelte che li riguardano – è un diritto stabilito dalla Convenzione di New York, che il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sollecita all’Italia di attuare a ogni livello”, dichiara l’Autorità garante Carla Garlatti.
“Con la “Scuola che vorrei” diamo la parola ai ragazzi in maniera concreta – prosegue – specie dopo un periodo particolarmente difficile come quello che hanno vissuto a causa della pandemia. Dai risultati della consultazione trarrò indicazioni preziose per portare le loro esigenze all’attenzione delle istituzioni: dal Ministro dell’istruzione al Governo, dalle regioni agli enti locali”.
“Grazie a internet, dunque, possiamo far sì che le istanze dei ragazzi siano ‘ascoltate’, in una forma di democrazia partecipativa che si fa ponte tra le istituzioni e i giovani grazie a un uso corretto del digitale. Per questo è importante che loro partecipino numerosi: potranno far arrivare la loro voce a chi prende le decisioni sul loro futuro”, conclude Garlatti.

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