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Il lavoro delle donne e il "caso" Italia

Durante la pandemia, le donne in Italia hanno perso il lavoro più degli uomini. E più di quanto sia accaduto nel resto d’Europa. In media su 100 posti di lavoro persi in Europa quelli femminili sono 46, mentre in Italia sono 56. Oltre la metà. Nessuno paese europeo fa peggio.

Il lavoro delle donne è il vero tallone d’Achille dell’Italia. Nell’occupazione femminile si allarga infatti il divario con l’Europa. E l’Italia ha il divario di genere più elevato fra i paesi europei, anche nell’impatto della crisi provocata dalla pandemia.

Sono impietosi i numeri sul lavoro delle donne, restituiti dall’indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

«Nel 2020 l’Italia avrebbe dovuto raggiungere i target previsti dalla Strategia Europa 2020 con l’innalzamento del tasso di occupazione a quota 67% e l’incremento in numeri e qualità del lavoro femminile, vero tallone d’Achille del sistema – si legge nel dossier – Ma lo scoppio della pandemia ha fatto saltare i programmi, rendendo non solo più difficile il conseguimento degli obiettivi previsti, ancora lontani dall’essere raggiunti ben prima dell’emergenza Covid-19, ma allargando ulteriormente il divario che separa il nostro Paese dal resto d’Europa».

 

 

 

Il lavoro delle donne, Italia vs Europa

Da aprile a settembre 2020 l’Italia ha avuto una perdita di lavoratrici doppia rispetto alla media europea. In Italia c’è stato un calo del 4,1% delle lavoratrici italiane tra i 15 e 64 anni (pari 402 mila in meno) mentre in Europa il numero delle occupate nella stessa fascia d’età è diminuito del 2,1%.

Dopo la Spagna, l’Italia è il paese che ha la flessione maggiore.

La particolarità italiana è però il differenziale di genere nell’impatto della crisi, che è il più elevato. Il calo nel lavoro delle donne è infatti del 4,1% mentre fra gli uomini è del 2,4%: il gap è di 1,7 punti percentuali.

Non ci sono equivalenti in Europa. Dove in media uomini e donne registrano la stessa contrazione occupazionale (-2,1%). E anche in Spagna, dove l’occupazione femminile è risultata in forte calo (-5,2%), il divario di genere è basso, dello 0,4%. In Francia sono gli uomini ad avere registrato il calo più consistente dell’occupazione. Nel Regno Unito, l’occupazione femminile è aumentata, seppure di poco, mentre quella maschile è calata dell’1,1%.

Il lavoro delle donne si perde di più. In media in Europa, su 100 posti di lavoro persi, quelli femminili sono 46. In Italia sono invece 56 e nessuno fa peggio.

 

 

occupazione femminile
Occupazione femminile. Fonte: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro 2021

 

Il lavoro delle donne e il “caso” Italia

Il divario occupazionale con gli altri paesi europei emerge anche nel confronto fra i livelli di occupazione.

«Negli ultimi 12 mesi, il tasso di occupazione femminile nella fascia d’età 15-64 anni in Europa è passato dal 63,3 al 62,4 (con una diminuzione di 0,9 punti percentuali); in Italia, dal 50,1 al 48,5 (con una diminuzione di 1,6 punti percentuali), ampliando ancora di più il divario con gli altri Paesi. Solo la Grecia continua a presentare, assieme a noi, un tasso occupazione al di sotto della soglia del 50%».

L’Italia è insomma un “caso” dal punto di vista del lavoro delle donne. Presenta un deficit strutturale che rischia di aggravarsi. E la crisi pandemica sta ampliando ancor più le disuguaglianze con il forte impatto di genere che porta con sé.

«L’Italia continua a rappresentare un unicum nello scenario europeo ed internazionale per quanto riguarda il lavoro femminile – dice il dossier dei consulenti del lavoro – A partire dal livello di partecipazione delle donne al lavoro, che da sempre si attesta su valori molto più bassi degli altri Paesi, che potrebbe essere dipeso da molteplici fattori: il ritardo storico nell’accesso al lavoro da parte delle donne, l’insufficienza dei servizi per l’infanzia e le persone che necessitano di assistenza, il radicamento che ancora esiste in molte aree del Paese di un atteggiamento culturale non sempre favorevole alla donna che lavora. In ultimo, la carenza di opportunità lavorative, vero nodo del sistema. Ma anche quando le donne accedono al lavoro, la loro condizione occupazionale continua ad essere caratterizzata da una debolezza strutturale che finisce per renderle più esposte ai rischi di espulsione dal mercato rispetto agli uomini e alle colleghe di altri Paesi».

La fragilità del lavoro delle donne

Ad esempio il lavoro autonomo delle donne è molto colpito dalla crisi, più che nel resto d’Europa. Da aprile a settembre 2020 si sono persi 103 mila posti di lavoro, con un crollo del 6,4%, in pratica il doppio di quello fra gli uomini e molto di più rispetto all’Europa. Qui le lavoratrici autonome sono diminuite in media dell’1,6%, più o meno quanto gli uomini (-1,9%).

La flessibilità del lavoro delle donne è un altro elemento di fragilità perché contratti a termine e part time sono condizioni più imposte che desiderate dalle donne.

C’è poi una fragilità del lavoro delle donne, poco presenti nelle professioni a più alta qualificazione. Solo il 2,3% in Italia svolge una professione di tipo manageriale (è il 3,7% in media Ue). Solo il 19,7% svolte una professione intellettuale (contro il 22,4% della media EU).

Solo il 38% delle occupate svolge insomma un’attività manageriale, intellettuale o tecnica a fronte della media europea del 44,4%.

In Italia la maggior parte dell’occupazione femminile si colloca su posizioni intermedie, impiegatizie (18,2% contro il 13,7% della media europea) e di servizio alle vendite (24,5% contro il 22,7%). Ed è proprio in questa fascia professionale, spiega il dossier, che ci sono «i fenomeni di over-education, ovvero di disallineamento fra livello di istruzione e quello richiesto per ricoprire determinate posizioni».

Azioni per l’occupazione femminile

Cosa fare per agire sul divario di genere che penalizza il lavoro delle donne?

«Occorre sicuramente potenziare l’offerta e l’accessibilità ai servizi che favoriscono la conciliazione lavoro famiglia, a partire dagli asili nido fino ai servizi di cura per la terza età che rappresenta poi un obiettivo da sempre individuato prioritario, ma ancora lontano dall’essere raggiunto».

Altri passi per rafforzare il lavoro delle donne sono l’aumento del livello di istruzione femminile e di quei quei profili di competenze richiesti dal mercato – per esempio nel 2019 solo il 16,2% delle laureate tra i 25 e 34 anni aveva una laurea STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), contro il 37,3% degli uomini. Altro passo fondamentale è quello di rafforzare il modello di lavoro autonomo, che declinato al femminile ha molti elementi di fragilità.


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Sabrina Bergamini
Sabrina Bergamini
Giornalista professionista. Direttrice di Help Consumatori. Romana. Sono arrivata a Help Consumatori nel 2006 e da allora mi occupo soprattutto di consumi e consumatori, società e ambiente, bambini e infanzia, salute e privacy. Mi appassionano soprattutto i diritti, il sociale e tutti quei temi che spesso finiscono a fondo pagina. Alla ricerca di una strada personale nel magico mondo del giornalismo ho collaborato come freelance con Reset DOC, La Nuova Ecologia, Il Riformista, IMGPress. Sono laureata con lode in Scienze della Comunicazione alla Sapienza con una tesi sul confronto di quattro quotidiani italiani durante la guerra del Kosovo e ho proseguito gli studi con un master su Immigrati e Rifugiati. Le cause perse sono il mio forte. Hobby: narrativa contemporanea, cinema, passeggiate al mare.

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