
La pandemia sulle donne: impatto devastante
La pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto devastante sulle donne. Dal lavoro che si perde o si fa più precario all’aumento della violenza domestica
La pandemia ha avuto un impatto devastante sulle donne. Inutile girarci intorno. Squilibri familiari e lavorativi, perdita di lavoro, aumento della precarietà, aumento della violenza domestica. E ancora difficoltà di tenere insieme tutto, famiglia lavoro figli e didattica a distanza, quasi che il compito di far quadrare il cerchio sia competenza esclusiva delle donne, chiamate a sobbarcarsi un surplus di lavoro aggiuntivo sul surplus di lavoro già di per sé quotidianamente svolto.
Nella Giornata internazionale della donna i dati sono ancora più gravi del solito. Ma vale la pena ricordarli, perché si sappia di cosa si sta parlando.
La pandemia ha accentuato le differenze
La strada da percorrere per arrivare alla parità di genere è ancora lunga.
«Secondo l’Indice sull’uguaglianza di genere 2020 (stilato in base ai dati raccolti nel 2018), curato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), l’UE ottiene un punteggio del 67,9% sull’uguaglianza di genere e, mantenendo il ritmo attuale, mancano almeno ancora 60 anni prima di poter raggiungere la completa parità». (Fonte: Parlamento europeo).
La pandemia da Covid-19 ha accentuato ancor più le differenze. Su 49 milioni di lavoratori impiegati nel settore sanitario, uno dei più esposti al virus, il 76% sono donne. In Italia nel settore sanitario il 66% delle lavoratrici è donna.
Le donne sono sovra rappresentate nei servizi essenziali rimasti aperti durante la pandemia, che vanno dalla vendita all’assistenza all’infanzia. In tutta l’Unione europea le donne sono l’82% di tutte le persone addette alle casse e il 95% delle persone impiegate nei lavori domestici e assistenziali. È donna il 93% delle persone impiegate nei lavori di assistenza all’infanzia e nell’insegnamento di sostegno e l’86% delle persone impiegati nei lavori di cura della persona in ambito sanitario.

La pandemia sulle donne: aumenta la precarietà
Con la pandemia cresce la precarietà femminile. Circa l’84% delle lavoratrici fra i 15 e i 64 anni, ricorda ancora il Parlamento europeo, sono impiegate nei servizi, compresi quelli più colpiti dalla crisi COVID-19 e che stanno affrontando perdite di posti di lavoro. Sono i servizi di assistenza all’infanzia, la vendita al dettaglio, i servizi ricettivi e del turismo.
L’impatto della pandemia sulle donne è stato devastante anche perché ha fatto perdere molti posti di lavoro. Più fra le donne, già impiegate part time di più, che fra gli uomini.
Nella Ue oltre il 30% delle donne lavora part time e spesso nell’economia informale, con meno diritti sul lavoro e protezione sanitaria.
Sono le donne che, più spesso dei partner maschili, si sono prese in carico la famiglia, la cura di parenti ammalati e non autosufficienti e dei figli durante la fase acuta della pandemia (e non solo). Smart working e didattica a distanza, telelavoro e cura dei bambini sono ricaduti soprattutto sull’universo femminile.
L’escalation della violenza domestica
Un altro impatto della pandemia sulle donne è l’escalation della violenza, soprattutto in ambito familiare. Ogni settimana, ricorda ancora il Parlamento europeo, perdono la vita circa 50 donne a casa della violenza domestica. Questa piaga è aumentata durante la pandemia e le restrizioni del lockdown, che hanno reso più difficile anche la semplice richiesta di aiuto.
Si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il mondo. Un recente dossier di UN Women denuncia che a livello mondiale 243 milioni di donne e ragazze dai 15 ai 49 anni hanno subito violenza fisica o sessuale dal partner nell’anno precedente.
È un numero che la pandemia fa aumentare, perché accentua le tensioni familiari e le ristrettezze anche fisiche di una convivenza limitata nello spazio casalingo del lockdown.
I dati disponibili, dice il dossier, suggeriscono che dallo scoppio della pandemia da Covid-19 la violenza contro donne e ragazze, specialmente la violenza domestica, si sia intensificata in diversi paesi.
In Francia i casi di violenza domestica sono aumentati del 30% dal lockdown di marzo. Le telefonate ai servizi di emergenza sono aumentati del 30% a Cipro, del 25% in Argentina. In Canada, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti, autorità, attiviste per i diritti delle donne e società civile hanno indicato un aumento delle segnalazioni di violenza domestica durante la crisi e un aumento della domanda di rifugi di emergenza.
In altri casi, in presenza di restrizioni ai movimenti e di accesso limitato ai servizi, c’è stata una diminuzione delle richieste di aiuto. Come è accaduto in Italia, dove la linea di assistenza telefonica contro la violenza domestica ha riferito di aver ricevuto il 55% di chiamate in meno nelle prime due settimane di marzo perché molte donne hanno avuto difficoltà a chiedere aiuto durante il blocco.
I dati disponibili, dicono ancora da Un Women, mostrano che meno del 40% delle donne che subiscono violenza cerca un aiuto di qualsiasi tipo. Tra chi lo fa, la maggior parte guarda alla famiglia e agli amici mentre meno del 10% delle donne cerca aiuto dalla polizia.
