Carne coltivata, la Commissione europea “boccia” la notifica dell’Italia
La Commissione europea ha chiuso anticipatamente la procedura di notifica della legge sulla carne coltivata, che non ha rispettato le procedure formali di Bruxelles
La Commissione europea boccia la legge italiana contro la carne coltivata. L’Italia ha adottato una legge inapplicabile e la decisione della Commissione europea riguarda soprattutto “l’aspetto formale e procedurale della legge italiana”, come spiega il Manifesto.
Con l’approvazione del disegno di legge che prevede il divieto di produzione e vendita di carne coltivata e le restrizioni sulle denominazioni delle alternative vegetali alla carne, l’Italia ha violato il diritto europeo. La Commissione europea ha chiuso la procedura TRIS relativa alla legge italiana e ha informato che la notifica è stata archiviata perché “il testo è stato adottato dallo Stato membro prima della fine del periodo di sospensione di cui all’articolo 6 della direttiva (UE) 2015/1535. La Commissione invita pertanto lo Stato membro in questione a informarla del seguito dato, anche alla luce della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia”.
Carne coltivata, bocciatura formale
Una bocciatura formale, spiegano i giuristi. Scrive su twitter Vitalba Azzollini, giurista ed editorialista del Domani: “Lollobrigida ha notificato alla Commissione la legge sulla carne coltivata senza rispettare il periodo di sospensione, previsto da una direttiva, per i tre mesi successivi alla notifica. Appena la Commissione se n’è resa conto ha chiuso la procedura, senza nemmeno esaminare la legge”.
Come spiega Domani, lo scorso dicembre la Commissione europea aveva aperto una procedura Tris (Technical Regulations Information System, per la prevenzione delle barriere al commercio) sulle legge relativa alla carne coltivata. Se uno Stato intende introdurre una legge che può creare ostacoli al mercato interno, come appunto quella della carne coltivata, deve in pratica notificare il provvedimento alle Commissione e agli stati membri. L’iter di approvazione del disegno di legge viene allora sospeso per tre mesi. In caso di contrasto con la normativa europea la Commissione e gli Stati possono inviare un parere circostanziato. Il vizio del provvedimento italiano è che è stato formalmente notificato quando era ancora un ddl ma nello stesso giorno era diventato legge. La normativa europea però, spiega Azzollini sul Domani, “vieta l’approvazione di un progetto di legge durante la procedura Tris. Questo è il motivo per cui la Commissione ha archiviato la notifica da parte dell’Italia del testo sulla carne coltivata: è stata violata la procedura dell’Unione”.
Il Masaf: “Commissione accerta la compatibilità col diritto Ue”
Sembra di diverso avviso la valutazione del Ministero delle Politiche agricole.
Scrive in una nota il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: «La Commissione europea ha chiuso la procedura Tris, avviata a seguito della notifica della legge sulla carne coltivata. La chiusura comporta che sia stata definitivamente accertata, da parte della Commissione europea, la compatibilità della legge con i principi del diritto della UE in tema di mercato interno. Diversamente, la Commissione avrebbe proceduto con un parere circostanziato, a prescindere dalle modalità di notifica. Non ci sarà pertanto nessuna procedura di infrazione, né richiesta all’Italia di abrogare la legge. La Commissione chiede solo di essere informata sull’applicazione della legge da parte dei giudici nazionali. Come per tutti i provvedimenti che entrano in vigore in Italia, spetta ai giudici nazionali, in sede di applicazione, l’ulteriore vaglio di compatibilità con il diritto unionale».
Animalisti: la legge è “mossa di propaganda politica”
Una valutazione decisamente opposta, insomma. Quello che emerge da altre posizioni è invece l’inapplicabilità della legge italiana. Spiega ad esempio Essere Animali: “Mirando a prevenire la creazione di barriere nel mercato interno dell’Unione Europea, con la procedura TRIS Stati membri e Commissione devono avere la possibilità di esprimersi su un disegno di legge prima della sua approvazione. Al contrario, l’Italia aveva ritirato la notifica TRIS per evitare una bocciatura ufficiale da parte della Commissione europea, concedendo poi all’Unione di esaminare il divieto solo dopo l’approvazione della legge l’1 dicembre 2023. Questo però potrebbe rendere la legge di fatto inapplicabile. La Corte di Giustizia UE ha infatti deliberato che le leggi adottate in violazione della procedura possono essere dichiarate inapplicabili dai tribunali nazionali”.
Spiega Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali: «Come abbiamo già affermato in passato, questa legge è una mossa di propaganda politica e ci mette in ridicolo di fronte a tutta l’Unione Europea. Il Governo era consapevole dell’inapplicabilità della legge ma ha voluto comunque giocare a nascondino, ritirando la nota per paura di una bocciatura ed esponendoci al rischio di una procedura di infrazione da parte della Commissione. Questo divieto è inutile per diversi motivi, ma soprattutto perché, una volta ricevuto l’OK per il commercio in Europa, l’Italia non potrà in nessun modo vietare l’importazione e la vendita di carne coltivata».
Analoga interpretazione viene dall’Oipa, Organizzazione internazionale protezione animali, che spiega così la chiusura in anticipo della procedura Tris relativa alla legge italiana che vieta la produzione e la commercializzazione della carne coltivata e impedisce di usare termini meat sounding per prodotti a base di proteine vegetali: la norma violata cui fa riferimento Bruxelles “è l’articolo 6 della direttiva Ue 2015/1535 che impone di sottoporre agli Stati membri un disegno di legge considerato non in linea con il mercato unico europeo, attraverso la procedura Tris, prima della sua approvazione (…) nel caso del ddl sulla carne coltivata il Governo ha ritirato il provvedimento dalla procedura prima che il Parlamento italiano lo approvasse, per cui la Commissione ha invitato lo Stato membro “a informarla del seguito dato, anche alla luce della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia”. Per l’Oipa si tratta insomma di “un ddl ideologico e fuori dal tempo”.