Da domani il Pianeta sarà in rosso. Avremo consumato più risorse naturali di quante la Terra sia in grado di rigenerare nell’arco di un anno. Dal 2 agosto infatti, e mai così presto da quando per la prima volta è stato calcolato, sarà il cosiddetto Earth Overshoot Day, il Giorno del superamento delle risorse della terra. E’ la giornata in cui l’umanità avrà usato l’intero “budget” annuale di risorse naturali. Il Global Footprint Network ha stimato che per soddisfare il nostro fabbisogno attuale di risorse naturali avremmo bisogno di 1,7 pianeti Terra. In sintesi: si consumano più risorse ecologiche di quelle che la natura è in grado di rigenerare, si immette in atmosfera più anidride carbonica di quanta le foreste ne possano assorbire.

Come si consumano queste risorse? Ben il 60% corrisponde alla “richiesta di natura” necessaria per l’assorbimento delle emissioni di anidride carbonica. Nel consumo delle risorse naturali va poi considerato il cibo. Su questo si sofferma la Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition, che sottolinea l’impatto dell’alimentazione. Il cibo influisce infatti sull’impronta ecologica umana per il 26%. E quello che si mette nel piatto è fondamentale per raggiungere la sostenibilità ecologica. Come si può fare? Aumentando il consumo di frutta e verdura, per esempio, e minimizzando gli sprechi alimentari. Basti pensare che se in tutto il mondo venisse preferito il consumo di cibo a basso impatto ambientale, si seguissero diete caloriche equilibrate e si riducessero del 50% gli sprechi alimentari, l’impronta ecologica umana diminuirebbe e la data del prossimo Overshoot Day si potrebbe spostare in avanti di ben 42 giorni.

Un elemento fondamentale è rappresentato dall’azione per limitare lo spreco alimentare. Questo infatti, ricorda la Fondazione Barilla, oltre a essere un piaga sociale, rappresenta anche un danno per l’ambiente: “Se fosse un Paese sarebbe il terzo principale produttore di anidride carbonica al mondo, dopo Stati Uniti e Cina. In Italia sprechiamo il 35% dei prodotti freschi (latticini, carne, pesce), il 19% del pane e il 16% di frutta e verdura prodotti. Ma l’impatto sulla terra che viene generato da questo spreco – prosegue la Fondazione – non si ferma alla produzione di anidride carbonica, perché determina anche una perdita di 1.226 milioni di m³ l’anno di acqua (pari al 2,5% dell’intera portata annua del fiume Po) e produce l’immissione nell’ambiente di 24,5 milioni di tonnellate CO2 l’anno, di cui 14,3 milioni dovuti agli sprechi domestici. L’assorbimento della sola CO2 prodotta dallo spreco domestico in Italia richiede una superficie boschiva maggiore di quella presente in Lombardia”.

Spiega Marta Antonelli, Research Programme Manager della Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition: “Da quando è stato calcolato, ogni anno l’Overshoot Day è caduto in anticipo sul calendario. E mai, prima di oggi, era caduto così presto. Questo vuol dire che dobbiamo tutti fare molto di più per invertire questa tendenza. Come? Partendo da quello che mettiamo nel piatto, perché il cibo, da solo, produce il 26% dell’impronta ecologica globale. Se dimezzassimo lo spreco alimentare, mangiassimo alimenti a basso contenuto proteico e seguissimo una dieta adeguata in termini di calorie assunte potremmo ridurre l’impronta ecologica globale del 22%, riuscendo così a spostare la data del prossimo overshoot day di ben 42 giorni”.

Nel processo di cambiamento andrebbero considerati anche altri fattori, legati all’attività agricola nel suo complesso, alla produzione di gas serra fatta dall’agricoltura e al consumo di acqua collegata. “Insomma, la sfida che siamo chiamati a combattere da qui ai prossimi anni è chiara: riuscire a spostare in avanti il giorno dell’Overshoot Day tenendo conto anche di “come” il cibo viene prodotto a 360°”, sostiene la Fondazione. Sul “come” il cibo viene prodotto si focalizza l’analisi del Food Sustainability Index, l’indice creato da Fondazione Barilla e The Economist Intelligence Unit che analizza 25 Paesi rappresentanti oltre i 2/3 della popolazione mondiale e l’87% del PIL globale. Secondo l’analisi dell’Index è la Francia, soprattutto grazie alle sue innovative politiche contro lo spreco e per l’approccio equilibrato all’alimentazione, il Paese al mondo che produce il “cibo più buono” sulla base di 3 elementi: agricoltura sostenibile; alimentazione; spreco alimentare. A seguire il Paese Transalpino sono il Giappone e il Canada, grazie alle loro politiche in tema di agricoltura sostenibile e nella diffusione di regimi alimentari corretti ed equilibrati.


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