Spesa al supermercato, meno sprechi e nuove abitudini. Cosa è cambiato con la quarantena
Un’indagine condotta da Altroconsumo rivela i cambiamenti degli italiani nel fare la spesa al supermercato: meno cibo nella spazzatura e abitudini nuove
La quarantena ha cambiato molte abitudini della nostra vita, prime fra tutte quelle che hanno a che fare con la nostra alimentazione e la spesa al supermercato. A tracciare il quadro della situazione ci ha pensato un’indagine condotta da Altroconsumo sul cambiamento delle abitudini alimentari e di spesa degli italiani nel corso dell’emergenza.
Durante l’isolamento forzato a cui l’epidemia del Coronavirus ci ha costretto, abbiamo mangiato (49%) e cucinato (35%) di più ma allo stesso tempo abbiamo imparato a sprecare meno cibo possibile (41%).
Nel carrello della spesa mettiamo più prodotti a lunga conservazione e acquistiamo più snack dolci e salati rispetto a prima (22%). Inoltre, si fa più attenzione al costo dei prodotti e si preferiscono modalità d’acquisto diverse, come la spesa online o i negozi di quartiere.
Meno spreco
La pandemia ha confermato e rafforzato un trend già avviato prima dell’arrivo del Covid-19, ossia la maggiore attenzione a non gettare il cibo nella pattumiera. Allo stato attuale, infatti, nel 95% delle case italiane finisce nella pattumiera nulla o poco cibo (rispettivamente nel 66% e 29% dei casi). Il primo evidente calo dello spreco di cibo nelle case degli italiani era stato registrato a febbraio del Rapporto Waste Watcher 2020 presentato agli inizi dello scorso febbraio: un dato probabilmente frutto della rinnovata sensibilità ambientale degli scorsi mesi, a cui ora si aggiunge un’attenzione maggiore, forse dovuta a un ritrovato valore dato al cibo in tempi di limitazioni negli spostamenti e nei rifornimenti, in cui nulla è più così scontato.
A questi dati si aggiunge un aumento delle corrette abitudini anti-spreco, come pianificare i pasti e fare una lista prima della spesa (il 39% lo fa più spesso) e riutilizzare gli avanzi (33% lo fa più spesso). La percentuale di chi invece attua meno questi comportamenti rispetto a prima resta tra il 6% e il 10%.
Cambiano le abitudini
Lo stare a casa per tanto tempo ha riacceso in molti il piacere di dedicarsi alla preparazione di pranzi e cene (49%)e, di conseguenza, il 35% mangia anche di più.
La buona tavola “fatta in casa” ha ridotto gli ordini a domicilio: rispetto a prima del Coronavirus, ben il 40% ne fa meno, sebbene bisogna considerare che molti locali non sono organizzati per il food delivery e in molte città non sono presenti le piattaforme per le consegne a domicilio.
Cucinare e mangiare a casa non si traduce necessariamente in un’alimentazione più sana. Lo conferma anche il fatto il 13% presta meno attenzione alle etichette, forse per il desiderio di – quantomeno – dedicarsi qualche “coccola alimentare” senza troppi pensieri.
D’altra parte, nel carrello della spesa finiscono più prodotti surgelati e in scatola (30%) e meno cibi freschi come frutta, verdura, carne e pesce (30%). Sale anche il consumo di snack dolci e salati: un buon 22% ne compra più di prima, il che – associato a una vita più sedentaria – potrebbe non essere proprio un buon segno.
Spesa al supermercato, online, negozi di quartiere
Tra norme di prevenzione, limitazione degli spostamenti e un po’ di timore per il contagio, fare la spesa è un’impresa. Cala quindi la frequenza con cui ci reca al supermercato sostituito dall’online e dai negozi di quartiere (il 25-30%).
La spesa online viaggia su due fronti: il 30% la fa più di prima, ma c’è anche un 28% che la fa meno, forse per colpa delle difficoltà di consegna dei supermercati riscontrate nelle scorse settimane.
Anche i negozietti di quartiere sembrano cercare una compensazione tra chi va meno di prima e chi di più, anche se alla fine vince la percentuale di chi ha ridotto la frequenza di questi luoghi: piccoli market, macellerie, panetterie vedono un 25% delle persone che li frequenta di più, a fronte di un 35% che li frequenta meno di prima.
A perderci più di tutti sembrano i produttori locali, che solitamente distribuiscono tramite reti di vendita specifiche: il 45% compra meno di prima presso questi rivenditori.