Concessioni balneari al 2027, opposizione di consumatori e associazioni per il mare libero
C’è una levata di scudi generale da parte delle associazioni dei consumatori davanti alla proroga delle concessioni balneari al 2027
C’è una levata di scudi generale da parte delle associazioni dei consumatori davanti alla proroga delle concessioni balneari al 2027. La recentissima decisione del Consiglio dei Ministri sposta ancora in avanti la risposta alla questione delle concessioni, della gestione delle spiagge e dell’avvio delle gare, nonostante il Consiglio di Stato abbia stabilito che le gare sono scadute nel dicembre 2023 e nonostante i richiami dell’Antitrust per la messa a bando delle concessioni.
L’associazione Mare Libero, che sta portando avanti una campagna in difesa delle spiagge, perché siano libere e accessibili ai cittadini, sfata alcuni argomenti su X chiamandoli “fandonie”. Ricorda che il Consiglio di Stato ha chiarito che le concessioni esistenti, dal 2023, vanno considerate “come se non esistessero” e che le proroghe sono prive di effetti. Ricorda ancora che, secondo la Corte di giustizia europea, gli investimenti fatti durante il regime di proroga non possono essere tutelati perché la proroga era illegittima.
Insoddisfatti sono invece i balneari.
“Il provvedimento legislativo adottato dal Consiglio dei Ministri sulle concessioni demaniali marittime vigenti non ci soddisfa perché prevede la messa a gara delle aziende”, affermano Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari Fipe Confcommercio e Maurizio Rustignoli, presidente Fiba/Confesercenti. Le aspettative dei balneari erano altre, insomma. “Riuniremo gli organismi dirigenti delle nostre organizzazioni per una valutazione del provvedimento legislativo e per decidere le conseguenti iniziative sindacali”.
Questione balneari, never ending story
Agire sulle concessioni balneari significa attuare le direttive europee, aprire alla concorrenza e garantire la disponibilità di spiagge libere e del loro libero accesso. Intervenire sui canoni demaniali. E risolvere una questione che si trascina da anni, come avverte Altroconsumo.
Commenta Federico Cavallo, Responsabile Relazioni Esterne di Altroconsumo: «È inaccettabile che il nuovo decreto salva-infrazioni rimandi ancora una volta al 30 settembre 2027 la scadenza delle attuali concessioni, dopo che da decenni si attende una risposta alla questione balneari. Si tratta ahimè di un’operazione di forma e non di sostanza, che di fatto non prende reali decisioni e pone anzi le condizioni per trascinare ulteriormente in avanti lo status quo, aumentando anziché diminuire l’incertezza per tutti i soggetti coinvolti, in primis i comuni, oltre ai rischi per il nostro Paese».
E se ne deriveranno nuove infrazioni, «a pagare continueranno così ad essere soprattutto i cittadini. Da chi ha il compito istituzionale di decidere, ci saremmo aspettati – afferma Cavallo – una maggiore assunzione di responsabilità e la capacità di indicare finalmente una direzione chiara e coraggiosa, non più ostaggio degli interessi conservativi di alcune minoranze che finiscono per prevalere su quelli della collettività. Come abbiamo sempre sostenuto, solo una reale e libera concorrenza può portare maggiore innovazione nelle imprese balneari, migliori servizi ai cittadini, più inclusività e tutela dell’ambiente a fronte di prezzi equi. Con questo provvedimento l’Italia perde nuovamente tempo e un’importante occasione, ponendo una seria ipoteca sul futuro di questo fondamentale settore».
La bocciatura dei Consumatori
Protesta il Codacons. “Il decreto del Governo che proroga le concessioni fino al 2027 è una presa in giro, un provvedimento che contrasta con le disposizioni sia dell’Ue, sia di Consiglio di Stato e Antitrust – afferma il Codacons – Le misure contenute nel provvedimento non sembrano atte a soddisfare le contestazioni europee e della giustizia amministrativa italiana, e appaiono come un modo per prendere, ancora una volta, ulteriore tempo e rimandare al futuro la soluzione al problema. Per tale motivo stiamo predisponendo una formale diffida indirizzata alla Commissione Ue affinché, alla luce del nuovo decreto, non chiuda la procedura di infrazione verso l’Italia, e sanzioni qualsiasi violazione delle disposizioni in tema di concessioni balneari”.
«Un testo imbarazzante e assurdo. Tra le perle – afferma il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori Massimiliano Dona – quella che costringerà i nuovi concessionari ad assumere i figli di quello vecchio, visto che è prevista l’assunzione dei lavoratori impiegati nella precedente concessione. Una situazione paradossale, che certo non favorirà chi vuole innovare il servizio».
Federconsumatori sottolinea che il 2027 coincide con la fine del mandato del Governo. E ricorda la diversa normativa richiesta da Consiglio di Stato e Antitrust. “Un ennesimo rinvio che si scontra con il pronunciamento del Consiglio di Stato, che aveva confermato la scadenza delle concessioni balneari al 31 dicembre del 2023 e con l’AGCM, che più volte ha espresso la necessità di provvedere all’immediata messa a bando delle concessioni, pena il ricorso al TAR che ha paventato già a molti Comuni”.
Per Federconsumatori è un provvedimento contrario alla Direttiva Bolkenstein del 2006 e che posticipa nuovamente l’attuazione delle iniziative a tutela dei cittadini, del settore turistico e delle coste.
“Federconsumatori, da tempo, sottolinea quanto sia urgente e necessario dare corso alle gare il prima possibile, introducendo misure atte a garantire la corretta e trasparente concorrenza nel settore e in grado di tutelare il nostro patrimonio marittimo/balneare – conclude – Nell’affrontare questa materia ci si scorda troppo spesso che il demanio marittimo è un bene pubblico e pertanto appartiene a tutti i cittadini”.
Nell’assegnazione delle concessioni l’associazione chiede di inserire quale criterio il rispetto dei diritti dei consumatori, “disponendo dei limiti agli aumenti di prezzo ingiustificati e speculativi a cui assistiamo ogni estate, l’obbligo di fornire servizi ausiliari alla balneazione (per es., salvataggio e prime cure), imponendo la tutela della buona occupazione, con l’obbligo di rispettare i contratti di lavoro, a pena di revoca della concessione”.