A due anni dall’approvazione della legge sugli ecoreati, Legambiente racconta come è stata utilizzata a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. La legge del 29 maggio 2015 ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale ed è stata utilizzata in tutta Italia per fermare attività illegali di vario genere, dalla pesca illegale a Taranto agli scarichi industriali non trattati a Chieti fino all’estrazione abusiva di inerti dalle cave o dai fiumi.
Sequestrare depuratori malfunzionanti, fermare l’inquinamento causato da attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (il primo delitto ambientale della normativa italiana approvato nel 2001), intervenire su situazioni di inquinamento pregresso che continua ancora oggi a causare enormi danni ambientali in assenza di bonifica: sono solo alcuni esempi degli ambiti di applicazione della legge.

Un Dossier con le storie e i numeri raccolti da Legambiente è stato presentato questa mattina a Roma dalla presidente e dal direttore generale di Legambiente, Rossella Muroni e Stefano Ciafani, insieme con Pietro Grasso, presidente del Senato, Andrea Orlando, ministro della Giustizia, magistrati e politici.

Secondo i numeri elaborati da Legambiente sull’azione repressiva svolta dalle forze di polizia e dalle Capitanerie di porto, nel 2016 la legge 68/2015 ha consentito di sequestrare 133 beni per un valore di circa 15 milioni di euro e di sanzionare 574 ecoreati – più di uno e mezzo al giorno – di cui 173 hanno riguardato specificamente i nuovi delitti (30% del totale).

Entrando nello specifico dei dati sull’azione repressiva svolta nel 2016 dalle forze di polizia, sul fronte dei delitti contestati, sono 143 i casi di inquinamento ambientale, 13 quelli di disastro ambientale, 6 quelli di impedimento di controllo, 5 i delitti colposi contro l’ambiente, 3 quelli di omessa bonifica e 3 i casi di aggravanti per morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale.

La Campania è la prima regione per il numero (70) di ecoreati contestati. La Sardegna è la regione con il maggior numero di denunciati (126), mentre l’Abruzzo per il numero più alto di aziende coinvolte (16). Il maggior numero di arresti è stato compiuto in Puglia (14), il numero più alto di sequestri in Calabria (43).

Ma sono altre ancora le fonti dei dati messi a confronto nel dossier: ci sono anche i numeri sul lavoro delle Procure e dei Tribunali pubblicati dal ministero della Giustizia, le statistiche delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e la relazione sull’attuazione della legge approvata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. E tutti testimoniano tutte l’incisività delle novità contenute nella legge.

L’introduzione dei delitti ambientali nel codice penale è stata una grande conquista per l’Italia, oggi leader nella lotta agli ecoreati, ed è il primo anello di una catena più lunga, che va costruita con l’obiettivo di innalzare i controlli ambientali per tutelare l’ambiente, la salute e le imprese sane – dichiara il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani-. È fondamentale che siano approvate presto norme che mancano ancora all’appello per completare questa catena della legalità ambientale”.

Secondo Legambiente, tra i provvedimenti da approvare c’è anche il disegno di legge sui delitti contro fauna e flora protette e occorre completare l’iter di definizione dei decreti attuativi per rendere operativa la legge 13 del 2016 che ha riformato il sistema nazionale delle Agenzie per la protezione dell’ambiente. Un’altra modifica normativa riguarda l’accesso alla giustizia da parte delle associazioni, per garantire che le liti giudiziarie in materia ambientale non abbiano costi proibitivi e che si tenga conto delle condizioni soggettive dell’attore nella regolamentazione delle spese.


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